Data di pubbl.: 2024
Pagine: 184
Prezzo: € 14,00
Udine. Una stradina defilata, un vecchio palazzo dove le pareti sono di carta velina e dove a malapena ci si saluta incontrandosi. All’alba, la signora Norma Vardelli, che vive sola, sente provenire dal piano superiore una serie di tonfi e un vagito. Com’è possibile, si chiede, che quella ragazzina che abita sopra di lei abbia avuto un bambino se neppure era incinta? In verità, Mariagiovanna Mavello una ragazzina non é più. I vent’anni li ha superati, anche se da poco, sopravvive con piccoli lavori di sartoria e incinta lo era eccome. L’arrivo della polizia, avvertita dalla Vardelli, e poi del medico legale constatano la morte per soffocamento di una creaturina prematura e la presenza della catatonica Mariagiovanna, detta Vannina, che viene portata in Questura. La giovane risponde a malapena alle domande che le vengono poste dagli ispettori Camilla Valdemares e Adamberti, appare sotto shock, confusa, immemore di quanto successo solo poche ore prima. È un’assassina, decreta Adamberti senza appello. Vorrei capire, ribatte Camilla Valdemares:
“E Camilla non riusciva, non ancora, a decodificare l’uccisione di una neonata colpevole solo di essere uscita dal ventre sbagliato. Ci leggeva una parabola sconsolata e decadente, più vicina al degrado emozionale che a una mente criminosa.” (pag. 96)
Chi dei due ha ragione si capirà nel corso della narrazione. Sta di fatto che da quel momento l’ispettore Camilla Valdemares, quarantenne intelligente, intuitiva e compassionevole, impegnata da mesi nella lotta contro un cancro che la affligge, innamorata con riserva di Edgardo Ferretti – Ferré – che è stato il suo tutor durante un corso di aggiornamento, spende ogni residua energia per comprendere la matrice primigenia di quel delitto. Contatta il fratellastro di Vannina, l’architetto Gilberto Marchesi di undici anni più vecchio e figlio di un altro padre; ricostruisce una confusa storia di abbandoni e tradimenti: la madre di Vannina, Lauretta Corbi aveva sposato l’imprenditore Marchesi e poi lo aveva lasciato per Mario Marvello, pittore affascinante, ma spiantato e alcolizzato, per morire infine suicida in uno stagno non lontano da casa quando Vannina aveva quattro anni. Camilla trova e interroga i conoscenti dell’accusata, persino una zia che vive in Australia e che un tempo si era occupata della ragazza. Ad aiutarla nel compito l’avvocatessa Fosca Mainardis che ha assunto la difesa d’ufficio della Marvello.
Alessandra Zenarola ha una scrittura raffinata, attenta, senza sbavature e mai banale, proprio come i suoi personaggi. Primo fra tutti Camilla Valdemares, una di noi si potrebbe dire, priva di quei cliché e tic di cui sono purtroppo pieni molti degli odierni romanzi gialli. Intrigante la storia narrata in questo terzo capitolo della saga. L’indagine su un delitto, certo, ma anche qualcosa di molto più profondo: l’incapacità di accettare, da parte di Camilla, la banalità del male unita al desiderio, che dovrebbe informare l’agire di ciascuno di noi, di comprendere prima di giudicare un altro essere umano e archiviare un caso.