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“Le strade oscure” è un titolo perfetto per questo giallo: le percorriamo tutti i giorni affrontando la vita e le sentiamo delinearsi dentro di noi ai vari passaggi dell’età.
Ernesto Magni è un frontaliere, uno di quegli italiani che ogni giorno si recano in Svizzera, nel Canton Ticino, per lavorare. Abita a Sarnate in provincia di Como e fa questa vita da dodici anni. Ha insegnato Scienze in un liceo, ha lavorato nelle Poste e ora affianca un custode in un palazzone multietnico di Lugano, a Molino Nuovo. Ernesto ha una moglie, Liliana, dalla quale si sta separando e una figlia tredicenne, Vera, che adora ricambiato. È un uomo mite, tranquillo, un po’ triste per le avversità che la vita gli ha riservato, ma soprattutto è un uomo che si interroga su se stesso e sulla natura umana. Non ha mai commesso un atto di violenza, ma:
“…in fondo alla sua anima, lo sapeva bene, c’era lo stesso male sordido, vigliacco, la stessa ferita che avevano tutti gli altri esseri umani.
Qual è il gesto più naturale? La gentilezza o la brutalità?” (p. 11)
Ernesto Magni se lo chiede una sera mentre osserva, in un sottopassaggio della ferrovia, una giovane che gli cammina davanti e che mesi dopo, in quello stesso posto, subirà violenza. La vicenda, letta su un quotidiano, sconvolge il suo già precario equilibrio, lo destabilizza e infine lo spinge a contattare l’investigatore privato Elia Contini nel suo studio di Paradiso a Lugano con la scusa iniziale di un portafoglio rubato. Contini, un po’ stupito ma intrigato, accetta l’incarico, ma pochi giorni dopo Ernesto muore stritolato da un treno. Suicidio? Forse. O forse no si dice Contini:
“…il detective è il granello di polvere che, nello stesso tempo, inceppa il sistema e rivela qualche forma di verità. La polizia è convinta che sia un suicidio? Il caparbio investigatore tuttavia raccoglie gli indizi e…” (p. 94)
Da questa premessa, all’apparenza insolita e un filo surreale, Fazioli costruisce un giallo di profonda complessità e a tratti d’incantevole lirismo, per raccontarci una Svizzera che pochi conoscono: quella dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, del dumping salariale e delle moleste infiltrazioni della mafia calabrese, la famigerata ‘Ndrangheta, che come un cancro si è infilata nelle pieghe della grande imprenditoria e non si ferma di fronte a nulla, omicidi compresi.
Elia Contini, che vive in montagna, nel paese di Corvesco, ama le volpi, la natura e la sua Francesca, è un investigatore privato molto speciale, come ben sanno i suoi affezionati lettori:
“Contini lavorava con l’intuito e con la pazienza. Non aveva altri mezzi. Tirava fuori il taccuino, annotava i dettagli. Si sedeva sulle panchine, gironzolava nelle piazze. Aspettava. Soprattutto ascoltava. E prima o poi gli capitava di cogliere una dissonanza, un fruscio, qualcosa che non avrebbe dovuto esserci.”(p. 52)
Esiste davvero un legame fra la morte violenta di Ernesto, il tentato stupro della ragazza e ciò che accade nel palazzone di Molino Nuovo a Lugano? E quali segreti non vuole raccontare Liliana, la vedova di Ernesto? Contini verrà messo alla prova da questa vicenda e ne uscirà cambiato, come è giusto che sia a un personaggio che evolve e che rappresenta nelle sfumature della sua personalità alcuni tratti distintivi dell’uomo contemporaneo, che trova il suo senso nella perenne ricerca di se stesso.
Tra i personaggi di questo libro intenso, tutti estremamente ben delineati e ricchi di sfumature e pieghe dell’animo nascoste, spicca quello di Vera, la figlia di Ernesto, sconvolta dalla morte del padre. Un padre che aveva creato per lei un mondo unico e speciale fatto di animali fantastici quanto invisibili dal momento che “le cose invisibili esistono meglio, perché non si consumano”. I lettori li ritroveranno nel corso della narrazione: creature affascinanti e misteriose come affascinante e misteriosa è la natura umana. Questo, al di là dell’ottima trama gialla, sembra volerci dire Andrea Fazioli.