
Autore: Nelson George
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Jimenez
Genere: mystery, romanzo noir
Traduttore: Gianluca Testani
Pagine: 272
Prezzo: € 18,00
Nell’ultimo giorno di presidenza, Donald Trump ha graziato 143 persone. Tra queste, i rapper Kodak Black, che godrà di un alleggerimento di pena, e Lyl Wayne, raggiunto da un provvedimento di indulto. La (lunga) fedina penale di entrambi è sporcata dal possesso di droga e di armi. Lil Wayne è il più famoso dei due, ha venduto 120 milioni di dischi ed è considerato uno dei maggiori protagonisti della scena rap del decennio appena trascorso. È anche un personaggio controverso, essendosi dichiarato apertamente contrario al movimento Black Lives Matter. Lil Wayne, poco prima delle elezioni, aveva pubblicato su Twitter una foto con Trump, lodandone il Platinum Plan, un piano proposto dall’ex Presidente degli Stati Uniti per aiutare, secondo i suoi parametri, la comunità afroamericana. Neri affascinati dalle pistole, neri passati per il carcere, neri ricchi e famosi raggiunti da un presidential pardon che li accomuna, tra gli altri, all’ideologo dell’estrema destra Steve Bannon, anch’egli graziato nella medesima circostanza. Bradford Cohen, l’avvocato dei due artisti, ha riferito di un legame molto forte tra Wayne e Trump. Il tycoon, a suo dire, avrebbe “stile e comportamenti in cui rapper e gente dello spettacolo possono riconoscersi”.
Chissà quali riflessioni ha suscitato l’episodio in Nelson George, autore del mystery Il cuore più buio, pubblicato in Italia dalla casa editrice Jimenez, con la traduzione di Gianluca Testani. Wayne, Kodak e il loro legale potrebbero tranquillamente appartenere al suo ecosistema letterario. D Hunter, affermato manager musicale nell’area di Los Angeles con trascorsi da buttafuori a Brooklyn, è il protagonista della storia. D cura gli interessi del talento nascente del genere trap, Lil Daye. Attorno alla trap girano milioni di dollari e Lil Daye, aizzato dall’ingorda moglie Mama, non intende certo farseli scappare. D può vantare agganci ai piani alti della finanza e procura al trapper di Atlanta un contratto di sponsorizzazione con il ricchissimo Kurtz, imprenditore con le mani in pasta in molteplici affari, non sempre limpidi. Tutto fila liscio per D, finché un braccio viene ripescato presso un molo a Canarsie Pier, New York City. Il braccio riconduce a un agente dell’FBI morto ammazzato, Eric Mayer. Ice, sicario dei bassifondi, gli porta la notizia.
Il cuore più buio affronta il demone di Trump. Nelson George ammalia il lettore con una suggestione potente. L’autore colloca elementi di fantasia all’interno di una vicenda popolata da personaggi politici, dello show business e della musica reali (ad esempio, è fatto cenno a Tupac Shakur e Notorious B.I.G., rapper assassinati nell’ambito della faida tra East Coast e West Coast).
Eric Mayer e il suo collega Mick Jones si muovevano lungo una pericolosa linea d’ombra. Una machiavellica operazione, finalizzata a pervertire la sfera rap e a favorire l’ondata gangsta, era stata al centro delle indagini dell’intellettuale nero Dwayne Robinson, amico e mentore di D Hunter. Il manoscritto, contenente nomi e prove, era stato trafugato. Robinson aveva pagato con la vita. Il testo gettava luce sulle eminenze nascoste e individuava le dinamiche luciferine alla base del revival razzista e del rattrappimento in senso reazionario della storia politica americana degli ultimi trent’anni. Il complotto contro l’hip hop, questo il titolo del saggio di Robinson, dimostrava l’esistenza di un collegamento stretto tra il pensiero neocon, in piena espansione tra anni Novanta e inizio del corrente secolo, nonché presupposto ideologico del sovranismo attuale, e il depotenziamento della carica di protesta nella musica nera, in ragione di una radicale metamorfosi, attentamente ponderata, tesa a fare dell’hip hop un subdolo strumento di controllo, ghettizzazione, marginalizzazione delle nuove generazioni afroamericane. Un evento epocale richiamato ne Il cuore più buio, il contratto stipulato nel 1986 tra i Run-Dmc, mostri sacri del rap, e la multinazionale Adidas, costituisce, dato storico, il peccato originale dell’incontro tra musica e marketing (ed il marketing è il veicolo tutto per il resto…), quasi un big bang esploso in seno alla comunità nera.
“La promozione di valori molto ristretti nella musica hip hop va a braccetto con le politiche governative. A loro volta, possono creare per noi delle opportunità estremamente redditizie”, si legge nel manoscritto, affiorato da un archivio della polizia federale e consegnato a D. da Conrad, un ex collega di Mayer e Jones. Robinson afferma di aver trascritto le parole dalla registrazione di un convegno organizzato in Florida, ‘Gli strumenti socio-culturali del capitalismo neoconservatore’. E chi le pronuncia è un uomo che D. conosce benissimo. “La cultura delle droghe di strada di cui l’hip hop dà un’immagine positiva, e che in molti casi finanzia direttamente, conduce ad arresti ed incarcerazioni”. Nelson George si avvale di un avvincente gioco a incastri. Il tentativo egemonico della destra aspira alla realizzazione di un progetto su vasta scala: investimenti verso i penitenziari privati, finanziamenti alle scuole paritarie a discapito del sistema educativo pubblico, ingabbiamento delle minoranze etniche in un circolo vizioso che, sottraendo loro adeguate possibilità di crescita e formazione, le spinge lungo il crinale dello spaccio, della criminalità, indirizzandole alla morte o alla galera. “Un altro anello di questa catena è costituito dal fatto che più minoranze sono chiuse in carcere, meno sono quelle che hanno diritto al voto”. Gli scorci narrativi, inquietanti e immaginifici, cadono a precipizio sulla feroce realtà.
Nelson George è un raffinato esperto di cultura rap e hip hop. L’autore ha fornito la propria consulenza allo showrunner Baz Luhrmann per la sceneggiatura di The Get Down, splendida serie Netlix immeritatamente cancellata dopo una sola stagione. Ne Il cuore più buio siamo fuori dal Bronx e agli antipodi della sporca, creativa New York dei Seventies. Grattacieli di cristallo privi di grazia, quartieri sventrati dalla gentrificazione, giganteschi SUV tirati perennemente a lucido, ristoranti vegani alla moda, istruttori di yoga hipster venerati come guru, ville sontuose poggiate tra terra, cielo e oceano: Nelson George fotografa una Los Angeles dominata dall’onnipresenza degli schermi, dal denaro facile, dalla grammatica istantanea di Instagram e dalla tecnologia legata al fitness. Le metropoli, d’altronde, sembrano tutte uguali, schiacciate da una soverchiante tendenza all’omogeneità estetica. Il fugace ritorno di D. nella Grande Mela genera in lui disorientamento. Tutto cambia, scorre, trapassa e muta, mentre, al contrario, la sieropositività di D. resta impressa in lui, ospite sgradito del suo corpo, un marchio che ne condiziona sentimenti e relazioni. Una donna lo seduce, risvegliando il desiderio di una difficile stabilità affettiva. Altre donne, velenose e irraggiungibili, calcano il jet set di Malibu accompagnate dall’arroganza del denaro facile, altre ancora spariscono nel nulla. Che fine ha fatto Dorita, l’amante di Lil Daye? Che ruolo ha il rude scagnozzo Ant nella vicenda? Ed è qui, tra le crepe del becero maschilismo, che fa irruzione Serene Powers, cacciatrice di uomini, vendicatrice affiliata a un gruppo segreto, personaggio degno di un graphic novel della Marvel, già presente nel precedente romanzo di Nelson George, Funk e morte a L.A.
La scrittura di Nelson George, sorretta da riferimenti colti, riflette il mondo schizzato e interconnesso di Uber e di Amazon. Ogni capitolo reca un titolo che rimanda a noti brani del perimetro musicale rap, trap o r&b… flashing lights, how much a dollar cost, the charade… Il cuore più buio ci porta nella jungle urbana dove gli Mc si contendono potere, denaro, gloria. In D si insinua un dubbio: e se il trionfo delle rime avesse destato l’antipatia, per non dire avversione, anche in una certa parte di comunità nera spodestata dal rampantismo delle nuove leve? E se si fosse ripresentato, macchiato di sangue, l’eterno ritorno dello scontro generazionale?
L’hip hop era un potente mezzo di propaganda per l’innovazione, lo spirito e la maestria della cultura nera americana, mentre la sua enfasi sulla capacità di adattamento e di improvvisazione conquistava il globo. È stata una profonda, inattesa vittoria nata sotto le presidenze Ford e Carter, assurta a dimensioni nazionali sotto Reagan e sbocciata definitivamente sotto i due Bush e Clinton. Me è stata una vittoria reale o effimera?