Vi dichiaro marito e morte – Simone Consorti

Titolo: Vi dichiaro marito e morte
Autore: Simone Consorti
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Ensemble
Genere: Raccolta di racconti
Pagine: 132
Prezzo: € 12,00

Don Giusto sta attraversando la strada sulle strisce pedonali insieme a un bambino down del catechismo quando una Porsche 911 guidata da un autista strafatto gli piomba addosso, uccidendolo sul colpo. Il bambino ne esce illeso. Non è un colpo di fortuna. È un miracolo. Il fervore popolare promuove direttamente Don Giusto al grado di Santo. La sua morte, d’altronde, è il preludio di una resurrezione, perché Don Giusto nel testamento ha espressamente chiesto di donare i suoi organi. Chi riceve il cuore è un uomo, presto definito dai giornali “una reliquia ancora in vita” e venerato da devoti ansiosi di toccare quel petto speciale. I fedeli si mettono in fila, lo riempiono di regali, chiedono foto e autografi. Peccato che quell’uomo, spinto da un silenzioso rancore quotidiano, decida di avvelenare il cane del vicino. Prima del trapianto, ammette a se stesso, l’idea di ammazzare non l’aveva mai sfiorato…

Simone Consorti nella sua raccolta intitolata Vi dichiaro marito e morte, pubblicata di recente dalle Edizioni Ensemble, estrae dal caleidoscopio del nostro tempo dieci microstorie che svelano la miseria di una società connotata, in Italia come altrove, dal disastro comunicativo. Gli stessi titoli di alcuni racconti rinviano alla domanda sospesa, alla parola interdetta, al tentativo incerto di dire qualcosa. Lo scrittore romano adotta un registro ironico carico di risvolti amari. Di volta in volta, lo sguardo si sofferma su uomini stanchi, abbattuti, soli, vulnerabili, meschini, insofferenti alla gentilezza e ai codici morali dell’empatia, manipolatori o manipolati, senza punti di riferimento, tormentati da antiche ferite mai rimarginate oppure pungolati dalla consapevolezza di quanto l’intima verità sul proprio conto diverga dall’immagine proiettata all’esterno. Tra le macerie, tuttavia, spuntano segni di vita, semi di resilienza, testimonianze di residua, tenace bontà.

Nel secondo racconto, un uomo ormai adulto ritorna nel paese d’infanzia e, per caso, nota su una panchina del parco antistante la scuola l’anziano padre di Federica, sfortunata compagna di classe prematuramente scomparsa. Alla domanda se sia lui il padre della povera bambina, per un fulmineo secondo, dal suo volto di pietra, si sfila la maschera. Poi, il pensionato con cagnolino al seguito sprofonda nel nebbioso rito del chiacchiericcio attorno alle partite di calcio. Eclissare il dolore è la condizione per sopravvivere? Ne Il prescelto, un guru orchestra il suicidio di massa della sua setta aggiungendo una variabile impazzita alla roulette al cianuro: mischiata alle pillole avvelenate ve n’è una innocua. Potrebbe toccare perfino a lui questa strana salvezza, perversa imitazione delle volontà di un Dio sconosciuto. Il ripensamento, però, arriva troppo tardi. In Shooting, una modella è preda delle voglie di un laido fotografo e, successivamente, dei suoi sensi di colpa per aver tradito il fidanzato. È sincera? È una vittima? Uno scatto, trovato dal fotografo nella galleria del suo smartphone, potrebbe modificare le carte in tavola? Anche qui, lo scambio umano e comunicativo si riduce al mediocre calcolo delle reciproche convenienze.

Le storie si piegano ad un principio di ragion sufficiente che indirizza le situazioni verso la peggiore, o comunque mai la migliore, mai la più sana o serena, delle possibili soluzioni, contingenze spesso marchiate a fuoco da un’azione rabbiosa, da un gesto insano, da un’assenza inattesa, da un tracollo repentino degli eventi. Non è un male necessariamente esplicito o brutale, quello inquadrato da Consorti, è più una sottile camicia di forza estesa al reale, all’intero corpus dei fatti. In Tutto tranne fascista, un banale diverbio di provincia pare ricomporsi e ricomporre anche le dimenticate fratture della memoria, quando Enzo, preso dal rimorso e dalla rabbia per il suo comportamento pubblico di inizio serata, non visto, a pochi passi da casa, strappa via un poster da un muro come a stracciare con esso l’avvenuta riconciliazione. In La pallottola d’argento, un padre separato scopre alcuni lividi sul corpo del figlioletto. I sospetti si addensano su Claudio, il nuovo compagno della madre. Che giochi avrà fatto il bambino, con Claudio, quando sono rimasti soli? La sua denuncia alle autorità è motivata dall’esigenza impellente di sottrarre il figlio a un (ipotetico) maniaco o, piuttosto, risponde al desiderio di colpire una persona non grata? L’esito della crisi, crudele esempio di eterogenesi dei fini, è la sottrazione del bene più caro. In Nozze di plastica, splendido racconto a due voci, un reduce dal conflitto in Iraq dal volto orribilmente sfigurato è tenuto a distanza dalla sua bellissima moglie, ormai incapace di sfiorarlo. È questo il prezzo del sacrificio per la patria? “L’ho sorpresa allo specchio. Si stava guardando, si stava facendo le sopracciglia, dopo aver messo la crema di bellezza. È fantastica ma non le basta, vuole essere ancora più perfetta, per gettarmi in faccia la differenza. Appena mi ha visto è sobbalzata”. Una notte l’ex soldato decide di pareggiare i conti con la sorte. L’eredità della guerra è una pace deturpata, una palingenesi mostruosa, un livellamento delle parti nel segno dell’ingiustizia estrema.

Hai una cosa che devi tenere nascosta. Tuo padre non capirebbe, tuo fratello si arrabbierebbe. Forse nemmeno la ragazza che non riesci a toglierti dalla mente riuscirebbe a pieno a comprendere. Oggi è il vostro quarto servizio insieme”. Nel terzultimo racconto una fisioterapista coltiva in parallelo il suo talento artistico. Il pensiero ruota attorno al motore immobile del suo amore. “Entra un po’ di lei dalla finestra. Al buio, con questa foto davanti, ti senti bella”. Deve trovare il modo di dirlo al mondo senza ferire i suoi familiari. Alla stregua di un angelo wendersiano, troppo legato alla terra per levarsi in volo, Consorti intercetta sofferenze e speranze dei suoi personaggi e poggia loro una mano sulla spalla. Quanto è squallido Andrea, che in un viaggio post maturità in Marocco con i suoi scalcagnati amici è costretto a trascinarsi dietro la fidanzata e non esiterebbe a venderla in cambio di un pezzo di hashish? Al mio paese le donne non parlano, una sconsolata esplorazione dell’ignavia, alterna momenti comici, grotteschi, patetici. La leggerezza interiore dei ragazzi incrocia il nichilismo, matrice di ogni vuota coscienza. Ne I papà di Anna, una bambina di undici anni piange perché sua madre, Fiammetta, è scomparsa nel nulla. Lei e Simone, un amico di famiglia, si inventano il ruolo/gioco di detective e tentano di risolvere il caso. “Stranamente, aveva lasciato tutto in perfetto ordine, come le vecchiette che tirano a lucido la casa ogni mattina… Solo accanto alla tele c’erano una serie di CD buttati alla rinfusa”. Per far luce sul mistero occorre forse individuare chi è il padre naturale di Anna? Sul retro di una fotografia riposta in cassetto, un indizio scarabocchiato conduce a un certo Igor Plàtonov…

Se, camminando per strada, avessimo il coraggio di voltarci, di aprire gli occhi, scopriremmo che i personaggi dei racconti di Simone Consorti ci passano accanto.

Salentino nato "per errore" a Como (anche per ammissione di chi lo conosce), si laurea in Filosofia a Milano, con una tesi sul concetto di guerra umanitaria. Vive a Bari con Mariluna. Adora il Mediterraneo, ama Lecce, Parigi e Roma. Sue passioni, a parte la buona tavola, sono la letteratura, il cinema, il teatro e la musica. Un tempo, troppo lontano, anche la politica. Suo obiettivo è difendere, e diffondere, la pratica della buona lettura. Recensisce i libri meritevoli di essere considerati tali, quelli che diventano Letteratura, con la L maiuscola, e che gli lasciano un segno. Alessandro scrive con regolarità su Zona di Disagio, il blog del poeta e critico Nicola Vacca, collabora con la rivista Satisfiction, anima il blog di economia e di politica Capethicalism, e scrive di serie TV su Stanze di Cinema.

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