Data di pubbl.: 2024
Traduttore: Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco
Pagine: 160
Prezzo: €14,00
Carrère pubblica Ucronia nel 1986, lo stesso anno in cui in Francia esce il romanzo I baffi.
Lo scrittore francese dedica una riflessione intelligente a questo sovversivo genere letterario e ne ripercorre le degenerazioni.
L’ucronia è uno schizzo storico apocrifo dello sviluppo della civiltà europea, non com’è stato, ma come avrebbe potuto essere. Così ne scrive Carrère, ricordando sull’argomento il testo fondamentale di Renouvier.
L’ucronia si occupa della storia se le cose fossero andate diversamente.
Lo scrittore prende in esame i testi della letteratura ucronica, si avventura nelle mistificazioni letterarie di un gioco perverso che crea mondi paralleli ricordando come nell’ucronia la realtà svanisce a vantaggio dell’illusione. «L’ucronia infatti è solo uno dei tanti possibili, una traiettoria singola singola immaginata da un individuo a partire da scelte arbitrarie. E l’universo in cui viviamo non vale molto di più».
Se l’intento dell’utopia è quello di cambiare ciò che è, o almeno di elaborare un progetto finalizzato a questo cambiamento, l’intento scandaloso dell’ucronia è invece quello di cambiare ciò che è stato.
Nel mondo in cui viviamo, nella storia in cui siamo prigionieri, l’ucronia si riferisce a una questione assurda e male impostata.
Proprio per questo Carrère ci ricorda che i regimi totalitari nel corso della storia hanno adottato il modello ucronico e dato prova di un’audacia ben maggiore di quella necessaria ai timidi tentativi di disinformazione denunciati al giorno d’oggi da certi polemisti liberali.
L’ucronia – eccezione fatta per le falsificazioni imposte dai regimi tirannici – non può influenzare la storia, ed è proprio questa impotenza che la definisce. Ma non si può dire che l’ucronia rispecchi la storia.
L’ucronia, secondo il ragionamento di Carrère, non è uno specchio laterale della storia, tutt’al più una scheggia di vetro opaco caduta in un terreno abbandonato. È soltanto un gioco mentale, in cui ci si può cimentare partendo dalla storia universale o da un qualsiasi momento della propria vita.
Come tutti i giochi, compresi quelli letterari, vale per le gioie estemporanee che può donare, insomma solo per la nostra credulità.
Il modello ucronico va quindi maneggiato con cura, perché frequentandolo si rischia di perdere la bussola della ragione, la sua sovversione è pericolosa perché sempre lontana dal vero.
«L’ucronia non è che un gioco. Ingiocabile per natura, perché non è possibile revocare l’irrevocabile, eppure serio. È sempre triste».
Carrère in questo libro smaschera gli intenti pericolosi dell’ucronia, demolisce con un ragionamento inattaccabile la costruzione del suo pensiero pericoloso e deviante.
Invitando tutti ad allontanarsi dall’ucronia, dagli universi paralleli, dal rimpianto da cui sono pervasi. Perché quello che bisogna fare è avventurarsi nel territorio della realtà.