Autore: Paola Capriolo
Data di pubbl.: 2015
Casa Editrice: Giunti Editore
Genere: Romanzo drammatico
Pagine: 272
Prezzo: 16 €
È raro trovare un libro che tenti di rispondere a una domanda ben precisa. Anzi, che rimetta in discussione una celebre e assai citata frase di un classico della letteratura. Paola Capriolo ha saputo tessere una trama intorno a un interrogativo fondamentale, confermando, se mai ce ne fosse stato bisogno, la qualità della sua scrittura.
Due storie parallele sono destinate a incontrarsi. La non più giovane Sonja, cercando un nuovo impiego come badante, si imbatte in un annuncio che proviene da un indirizzo a lei noto. Decide di rispondere e accetta di occuparsi di un anziano signore, dai modi piuttosto burberi, che vive da solo in una casa troppo grande per lui, ma che non è molto cambiata negli anni. Come era inevitabile, i ricordi di Sonja non tardano a riaffiorare.
Ci spostiamo negli anni Trenta, in Austria (o almeno così intuiamo). La diciottenne Adela vive in una cittadina di provincia, da dove, dopo avere assistito a una lettura pubblica, scrive lettere piene di sincera ammirazione a un celebre poeta. Sono versi in cui si coltiva un’eleganza formale distaccata dalle meschinità del mondo. L’arte e la bellezza contenute nelle parole di Adela si contrappongono al degenerare della situazione politica che la circonda. Progressivamente, le limitazioni per i non ariani aumentano, fino a impedire ad Adela di partecipare a una nuova lettura del poeta. Quando la ragazza decide di ignorare i divieti, gli eventi precipitano. È proprio la storia che Sonja ritrova nelle lettere custodite in soffitta, in un vecchio scrittoio.
Nella sorte di Adela, prigioniera delle tragedie del Novecento che non riesce a tornare alla vita quotidiana, si intravede tutta la difficoltà della letteratura ad affrontare il significato più profondo delle arti. Ha ragione il principe Myškin di Dostoevskij a dire che la bellezza salverà il mondo? Se è vero, cosa si intende per bellezza, quale bellezza? Attraverso il dipanarsi dei ricordi di Sonja, emerge una possibile risposta. La bellezza che ci salverà non sarà la gelida perfezione dei versi del poeta, disinteressata alle sorti del presente. Dice Adela: “Che altro sarebbero la musica, l’arte, la poesia, se non la segreta, paradossale eternità di tutto ciò che è fragile e minacciato?”. Senza una forza morale che ci spinge verso ciò che è fragile e minacciato, non è possibile nessun riscatto.