Dopo il successo del romanzo “L’Atélier dei miracoli”, la scrittrice best seller francese Valérie Tong Cuong ritorna in libreria con “Perdonabile, imperdonabile” (Salani), un romanzo corale che indaga sulla difficoltà e sulla necessità del perdono verso se stessi e verso gli altri per ritrovare l’armonia interiore e familiare. Lo fa raccontando il punto di vista di quattro personaggi appartenenti a una famiglia che, a causa di un incidente, si ritrovano temporaneamente senza l’elemento che li tiene uniti e sono costretti a fare i conti con il proprio passato e le proprie mancanze.
Perché un romanzo sulla complessità dei rapporti familiari?
Perché la famiglia è una specie di ecosistema che racchiude in sé tutte le difficoltà di ordine psicologico che un essere umano incontra nel corso della propria vita. Vale a dire il concetto di eredità, non inteso in senso materiale, la necessità di trovare il proprio posto. Poi ci sono le gelosie, le rivalità, i non detti, le bugie, i segreti, la difficoltà a vivere insieme, ma anche l’amore e molto altro ancora. Non esistono equilibri familiari perfetti.
Si è ispirata ad un fatto vero per scriverlo?
Attingo la mia ispirazione dall’osservazione e dall’ascolto delle persone che ho avuto la fortuna di incontrare. Per questo libro, in particolare, ho conosciuto persone che dovevano perdonare o perdonarsi cose pesanti. La storia tuttavia non parte da fatti che nella realtà sono così come li descrivo nel romanzo.
Ha costruito la sua storia intorno ad un evento doloroso che è allo stesso tempo la ragione della disgregazione di una famiglia e della ricostituzione dell’armonia all’interno della famiglia stessa. Perché questa scelta?
Era necessario che la vicenda iniziasse con un incidente, uno shock che colpisse tutta la famiglia e che creasse angoscia perché quando si viene colpiti da un evento così scioccante, cadono le maschere, la parola si libera e si va dritti al dunque. Questo fatto consentiva all’improvviso ai personaggi di esprimere e liberare ciò che avevano dentro di sé anche da anni.
Le menzogne, le colpe che coinvolgono i membri della famiglia che racconta hanno origini lontane. Jeanne, la nonna di Milo (il ragazzino che è vittima di un incidente) è la vera responsabile a mio parere delle vite e dei destini delle persone che le stanno intorno. Lei le offre però la chance di essere perdonata. E’ davvero così facile perdonare gli errori altrui in nome dell’amore e della famiglia?
In realtà la deflagrazione ha origine molti anni prima e la si ritrova nel comportamento della nonna che non ama una delle figlie fin dalla sua nascita. Gli altri membri della famiglia se ne rendono conto poco alla volta. Questa impossibilità di amare Marguerite (la zia di Milo) va oltre Jeanne perché è legata ai suoi dolori. Lei in realtà vorrebbe che le cose andassero diversamente, ma l’amore non è automatico e ovviamente anche perdonare non è facile. Tutti i membri di questa famiglia vivono schiacciati dal peso del passato e ognuno di loro arriva a capire che il perdono è l’unica via per liberare se stessi. Perdonare è prima di tutto un regalo che fanno a loro stessi, ben prima che a Jeanne.
Tutti i personaggi di cui racconta hanno una vita complessa, sono tutti allo stesso tempo vittime e responsabili della felicità o dell’infelicità altrui. C’è un personaggio a cui è più affezionata degli altri?
Marguerite è una figura a cui mi sento particolarmente vicina, anche se c’è un po’ di me in tutti i miei personaggi. Certo Marguerite ha la sua parte di responsabilità nella destrutturazione della sua famiglia, ma le sue azioni non sono altro che la reazione a tutta la violenza e la mancanza di amore che subisce nel corso della sua vita. Mi piace anche la sua capacità di amare Milo senza limiti fino al sacrificio di sé.
Cosa vorrebbe restasse ai lettori di questa storia di menzogne e di incomunicabilità che lei racconta?
Vorrei che tutti riuscissero ad approfittare di questa storia per interrogarsi su ciò che avrebbero da perdonare a se stessi e agli altri e che comprendessero che questa è una splendida occasione di maturazione e di felicità. Vorrei anche che si riflettesse sull’importanza di dirsi le cose e che si ricordasse che non capita mai di conoscere tutta la verità su una persona e su un avvenimento e che quindi è importante non giudicare troppo in fretta la situazione anche quando sei stato ferito profondamente.
Cosa ha imparato invece lei scrivendola?
Più che imparare direi piuttosto che è avvenuto il contrario e cioè che proprio perché ho conosciuto il valore del perdono che ho scritto questo romanzo. Fino a pochi anni fa non mi sarebbe stato possibile scriverlo perché non avevo imparato a perdonare ed ero lungi dall’immaginare che cosa può regalarti la vita. Così ho voluto condividere con i miei lettori questa importante scoperta.
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