Vite di confine – Toni Capuozzo

Titolo: Vite di confine
Data di pubbl.: 2024
Pagine: 253
Prezzo: € 18,00

Il confine che amiamo è quello che prende il nome di frontiera. Un confine che abbatte i confini, un confine che ha potuto contare sul contributo di persone meravigliose che con le loro vite straordinarie e intuizioni cosmopolite hanno trasformato il confine in un’idea di mondo.

Toni Capuozzo, giornalista di lungo corso, in Vite di confine, racconta il confine dei confini, quello orientale tra Gorizia e Nova Gorica. Lo fa prendendo in prestito la grande poesia di Edgar Lee Masters, l’autore dell’ Antologia di Spoon River, e come il grande poeta americano Capuozzo, attraverso gli epitaffi di chi vi è nato o vi è morto, scrive delle vite di chi lo ha amato, oppure odiato, di chi si è trovato per caso o per destino, ci consegna ricca di suggestioni la sua piccola antologia attorno all’Isonzo/ Soča River.

«I protagonisti di questi racconti non sempre sono le persone più importanti, e non necessariamente i migliori: non è una piramide, né una scalinata quella di Redipuglia, con il Duca d’Aosta, comandante della Terza Armata, in prima fila, i generali che gli fanno ala e gli altri centomila, dietro».

Toni Capuozzo afferma questo per dirci che quello che stiamo per leggere è un lapidario alla rinfusa, dove nomi e gradi e talenti e maledizioni si confondono, senza confini.

Toni Capuozzo scrive un libro magnifico che attraversa il confine – mondo. Racconta le vite che si sono succedute su quel confine, che hanno lottato, ognuna con la sua singolare esperienza, per aprire quel confine alle idee e ai pensieri, per farlo diventare una zona libera da ogni tipo di chiusura e confinamento.

In tempo di migrazioni e di ritorno al concetto chiuso di confine, dobbiamo guardare a queste vite straordinarie che il concetto di confine lo hanno abbattuto anzitempo.

«L’Antologia di Spoon River è il racconto di un villaggio attraverso le lapidi dei suoi morti, come un censimento delle vanità e delle felicità e dei dolori delle vite, la scoperta che la vita di ogni singolo, raccontata in morte, è la storia di noi tutto, di una comunità intera e di generazioni che si succedono, che ricordano e che dimenticano”.

A volte la parola confine viene abusata per descrivere quella soglia misteriosa: il confine oscuro tra la terra e la morte. C’è un’altra soglia, misteriosa e promettente, che è la scomparsa, la morte del confine. Come nel cimitero di Merna/Miren».

Accanto a Scipio Slataper che il confine lo ha vissuto nell’inferno della guerra e lo ha raccontato ne Il mio Carso, dove appunto l’inferno si tocca con una mano, troviamo Carlo Michelstraedter che con la sua vita breve di filosofo, poeta e uomo ha raccontato dalla sua Gorizia con il suo sguardo profondo e inquieto un confine che per lui è diventato abisso.

Un posto importante occupa Biagio Marin, il grande poeta di Grado la cui esistenza scorre lungo un secolo di vita di confine, tra i suoi incanti e le sue tragedie.

«Biagio Marin 1891 – 1985 “Tra tomba e tomba la mia vita più vera: la mia luce è in una notte che diventa sempre più grande, sempre più fredda, e che ingoia la vanità di ogni presente… Pietosa, la notte lo annulla. Solo tra stella e stella, tra anima e anima, un po’ di chiarore». Questo è il meraviglioso epitaffio che Capuozzo dedica al grande poeta del confine che con le parole della poesia ha fatto del confine il cuore del mondo

Sono tante le vite di confine, tutte da leggere, scoprire e abbracciare, che Capuozzo racconta nel suo libro, collezionando gli epitaffi, andando per cimiteri risalendo l’Isonzo, quella piccola linea azzurra di centotrentasei chilometri, quella terra d’acqua che è il confine orientale.

È un confine liquido, come lo chiama Capuozzo, un fiume che non separa più, ma unisce e che racconta un groviglio inestricabile di diversità di passioni così incerte da dover essere sottolineate

Conoscere la storia di quel confine è quasi necessario, perché insegna a guardare il mondo e gli altri, per poter comprendere come si è arrivati all’attuale situazione di Gorizia e Nova Gorica.

Città che oggi sono un esempio di come diverse culture, lingue, usi, costumi possano convivere pacificamente (come giustamente osserva Tiziana Buoso). Merito anche degli uomini e delle donne che Capuozzo ci racconta nel libro, prendendo in prestito la grande poesia di Lee Masters, perché solo la poesia è la lingua universale capace di andare oltre i confini.

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