Tralummescuro – Francesco Guccini

Titolo: Tralummescuro. Ballata per un paese al tramonto
Autore: Francesco Guccini
Data di pubbl.: 2019
Casa Editrice: Giunti Editore
Genere: Narrativa
Pagine: 283
Prezzo: € 19,00

«La vecchia cultura contadina di una volta non c’è più, appare rarefatta in sottilissimi e lontanissimi strati, ma è scomparsa e affogata, nessuno parla più il dialetto, molti non l’hanno mai parlato, e non c’è una cultura altra a sostituire quella vecchia. Ha fatto il suo ingresso trionfante quella della televisione, delle trasmissioni più trucide che formano le opinioni e le coscienze, col senso della paura e delle aggressioni, furti, violenze che le stesse televisioni instillano». Queste sono le parole chiave che Francesco Guccini mette in evidenza in Tralummescuro, il suo nuovo libro in cui torna alle sue radici, alla ricerca di una Pàvana perduta.

Il cantautore sfoglia l’album dei ricordi, contamina il suo dialetto e la lingua italiana, per scrivere di persone e cose di un mondo perduto e di una civiltà che non è più abitata.

Tralummescuro  è la luce, il chiarore ( la lumme) che sta per diventare buio, la notte (lo scuro), «e di notte, alora,  era scuro davera». Così ci spiega Guccini nelle prime pagine di questo libro che egli stesso definisce una ballata per un paese al tramonto.

Adesso che la notte è arrivata e Pavàna e altri paesi dell’appenino tra la Toscana e l’Emilia sono spopolati, Guccini apre il cassetto dei suoi ricordi e comincia a ricostruire  la memoria di quei piccoli borghi in cui è cresciuto tra una vita semplice e i tetti delle case che fumavano.

Davanti alla devastazione a all’appiattimento del progresso, Guccini scrive con la poesia della nostalgia di quel tempo andato e della grande umanità dei luoghi di montagna in cui tutto era vivo, laborioso e accogliente.

Le mulattiere sono deserte eppure quelle strade consentivano una comunicazione da un posto all’altro, con una viabilità che permetteva alla gente un andare incessante e venire in ogni parte, per ogni dove, percorrendo quotidianamente quelle vie di scambi umani. E di bestie. Ora ci sono solo le strade, scrive con amarezza Guccini, percorribili con le macchine, il resto è negletto e abbandonato.

Nella prosa di Francesco Guccini rinasce questo mondo perduto con tutta la bellezza delle sue piccole cose e le sue grandi persone.

Tra la luce e la notte (anche se il nero ha già inghiottito tutto dell’autentica umanità di questi luoghi) l’autore torna alle sue radici per ridare vita con le parole a tutto questo tragico silenzio che a Pàvana e dintorni ha tolto la vita a un mondo perduto di cui oggi Guccini avverte la mancanza.

Lo scrittore si avvale della facoltà di nominare e scrive il suo libro con la malinconia nell’inchiostro per ridare un ordine ai ricordi di un tempo perduto.

Guccini ancora una volta si presenta come uno scrittore della memoria e scrive un altro capitolo importante del suo dizionario delle cose perdute, intinge la penna nella poesia della nostalgia per consegnarci le parole giuste di una ballata per un paese non solo al tramonto, ma anche perso per sempre.

«Tralummescuro è di un mondo, di una civiltà che non esistono più. Di gente che non c’è più. Verodìo».

Questa è una testimonianza preziosa, destinata a restare, perché salva la memoria di un tempo perduto di persone e cose. E senza la memoria non siamo niente, non sappiamo niente.

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