
Autore: Joe Hill
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Sperling & Kupfer
Genere: thriller
Pagine: 324
Prezzo: 14,90
Per i figli d’arte non è mai troppo semplice. Eppure ci provano in tanti, figli di musicisti, attori e scrittori: sfidano tutti, in primis se stessi, per realizzare qualcosa che hanno imparato ad amare fin da bambini, grazie – appunto – ai genitori. Prendete, per esempio, Joe Hill erede di Stephen King: figlio di cotanto padre deve avuto crisi di panico anche solo nello scrivere i primi temi a scuola. Però è cresciuto e ci ha provato. Molto onestamente, i suoi libri precedenti li ho letti perché, amando King, volevo dare un’occasione anche a suo figlio, e li ho apprezzati per il coraggio, soprattutto.
Con The Fireman Joe Hill è cambiato.
Tralascio, in questa recensione, due elementi: 1) le assonanze (rimandi, citazioni, affinità e letture al contrario) con L’ombra dello Scorpione di Stephen King (discorso che merita un approfondimento a parte); 2) la decisione dell’editore, di dividere il libro in due volumi. Ci sta, non ci sta, perché, per come, etc. Joe Hill ha dato il suo benestare all’operazione (ciascuno libro è, comunque, in vendita a un prezzo contenuto) e ce lo becchiamo così, se ci va di leggerlo.
E io ne avevo molta voglia.
Quella di The Fireman è la storia di una spora (la Scaglia di Drago) che sta distruggendo il genere umano perché, espandendosi come un marchio sulla pella, provoca un progressivo surriscaldamento delle persone e le porta alla morte per autocombustione. Proprio dalla cenere degli arsi che si espande l’epidemia, anche se nessuno sembra saperlo, o averlo capito o, peggio ancora, volerlo comunicare al mondo.
In questo scenario apocalittico, Harper, un’infermiera coscienziosa e sposata con l’attraente Jakob, scopre di essere incinta e infetta. E scopre – allo stesso tempo – che il marito e la società non sono pronti all’accoglienza e alla tolleranza nei confronti degli infetti. Anzi. Dopo una prima separazione, Jakob torna a casa per uccidere la bella moglie che non ha la minima intenzione, invece, di rinunciare alla sua vita e a quella del nascituro.
Scappando grazie all’aiuto dell’Uomo del fuoco, Harper trova rifugio in un posto in cui gli infetti sopravvivono alla spora (vivendo senza andare a fuoco, praticamente) e alla furia che imperversa contro di loro: i sani, infatti, vogliono stanarli e cremarli, sopraffatti dal panico e dal terrore. Ma anche la vita nella comunità di rifugiati non è facile: Harper scopre di essere una donna forte, capace di sfidare delle regole che non condivide e incapace di stare di zitta, tenendo in bocca il sassolino della penitenza.
Cosa succederà nel seguito? Si rimane con la voglia di leggere, è fuori da ogni dubbio.
A Joe Hill bisogna riconoscere di essere andato oltre i libri di genere, come quelli precedenti, e di essersi cimentato in una bella impresa, una storia che può essere letta su più piani (anche come metafora dei nostri tempi, e sì che ci piace ancora tanto mettere sui roghi le streghe e credere nelle sette che inneggiano alla salvezza) e di aver dato vita a una protagonista eccezionale, fragile, forte, incredibilmente umana – a volte anche stupida – degna sicuramente dei romanzi di King senior. Perché, sì il confronto si fa, e se anche Joe Hill risulta bravo e il suo romanzo un buon (davvero buon) libro, ragazzi non si scherza, King non si supera.
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