“Io ho una teoria “tappezziera” sulla narrativa: secondo me un buon romanzo deve essere come una poltrona o un divano, cioè deve avere una bella struttura in legno, solida, che è la storia, che ti deve sostenere per tutto il tempo in cui sarai seduto, per tutto il tempo in cui leggerai; un bel cuscino comodo e accogliente, che sono i personaggi, che ti devono trattenere, fare compagnia per tutto il tempo; e una bella tappezzeria, che deve essere l’ambientazione, che ti deve far venire voglia di andarti a sedere su questo divano o su questa poltrona. Nessuno di questi tre elementi deve venire meno, perché nel momento in cui non avrò una storia buona io mi troverò seduto per terra, sostenuto dai soli personaggi che di per sé non possono essere mai così attraenti da mantenerti seduto. E i personaggi devo essere sufficientemente morbidi e accoglienti, perché se no la sola struttura sarà scomodissima. Idem dicasi per l’attraente ambientazione, perché se non sarà accogliente non ti verrà mai voglia di prendere quella storia invece di un’altra. Quindi la concorrenza di questi tre elementi è quella che fornisce la sufficiente solidità a un romanzo”.
Parola di Maurizio De Giovanni, che incontriamo al Salone internazionale del Libro di Torino e con il quale parliamo del suo presente, ricco di soddisfazioni, ma al quale chiediamo anche qualche anticipazione che renderà sicuramente felici i suoi tanti lettori.
Il 24 giugno torna Ricciardi, il commissario protagonista di tanti suoi romanzi…
“Sì, torna con “In fondo al cuore”, una storia complessa, ma, secondo la mia personale opinione, si tratta del miglior Ricciardi, perché è quello che sviluppa la storia dei personaggi all’interno di un’ampia storia. Ciascuno dei personaggi ha qui una sua storia: sono cinque storie dei personaggi che si intrecciano con la storia gialla. Questo libro è quello in cui succedono più cose nella storia dei personaggi. Dopo sei romanzi, credo che la gente sia così appassionata della storia da voler sapere che cosa succede ai singoli personaggi, quindi credo possa essere abbastanza interessante”.
Lei è passato da Ricciardi ai Bastardi di Pizzofalcone, dagli Anni Trenta a oggi: un salto sia negli anni, dal passato al presente, ma anche un salto come personaggi, dal singolo alla squadra, seppur intesa coralmente. Come vive, appunto, questi “salti” nei suoi romanzi?
“È spiazzante. Nel senso che passare soprattutto da un’epoca all’altra, dagli anni Trenta alla contemporaneità è una cosa complessa e difficile. Ma è molto bello viaggiare, perché c’è un incontro continuo con scale di valori diversi, è un viaggio nel tempo che ti consente di andare a trovare, anche alternandoli, personaggi a cui sei affezionato e che non ti annoiano. Perché incontrandoli separatamente è anche più bello e interessante”.
Ci incontriamo al Salone del Libro di Torino: qual è secondo le l’importanza, oggi, di eventi e manifestazioni come questa?
“Dipende da come sono fatti. La lettura, come la scrittura, sono esperienze individuali: posso andare al cinema con un amico, ma non leggere un libro con un amico. Per dare una dimensione sociale alla lettura e alla scrittura credo che queste manifestazioni abbiano un’importanza straordinaria, perché aiutano a condividere emozioni. A me il Salone piace, mi è sempre piaciuto: da lettore “di altra generazione”, poco incline all’elettronica, mi piace stare qui, incontrare altri scrittorie confrontarmi con loro e anche con attori e registi attorno alla scrittura. La trovo una bellissima esperienza, molto interessante”.
Senta, come si dice “coccodrillo” in tedesco?
Ride e risponde “Das Krokodil”. Non lo so, mi dicono che è il mio romanzo, ma io non sono in grado di tradurre una parola. Del resto Ricciardi è stato tradotto in russo e io non riconosco neanche il mio nome…
Domanda “scherzosa” a parte, il suo “coccodrillo” in Germania sta andando alla grande…
“Sì, mi dicono stia andando molto bene e ne sono contento. D’altra parte il “coccodrillo” è un romanzo strano, ruvido, che può incontrare chi vive in contesti sociali difficili e freddi e distanti. Credo sia forse l’unica mia storia ambientabile dovunque, anche non a Napoli: è normale perciò che possa essere apprezzata e letta anche altrove”.
Ed è pronto a imparare anche come si traduce “Buio” in tedesco?
“C’è l’offerta, ci saranno I Bastardi e Buio sia in tedesco sia in spagnolo, sia negli Stati Uniti sia in Russia”.