
Data di pubbl.: 2023
Pagine: 73
Prezzo: € 13,00
Il punto di vista del poeta davanti alla Storia non può non tenere conto dell’indignazione. La sua deve essere una lettura critica, una denuncia da cui deve scaturire una ferma presa di coscienza.
Alida Airaghi in Quanto di Storia è poetessa del suo tempo e della Storia stessa racconta tutto il suo caproniano freddo.
«Sappiamo di essere / storia / snervata spremuta / ricordi ingombranti/ per chi non ascolta / non più raccontanti / avvincenti / e privi di futuro / e di scopo».
Parafrasando De Gregori, Airaghi ci dice che la storia siamo noi. Con una poesia civile si tuffa nella Storia e graffiando fino a fare male ci racconta le sue tragedie e le sue vittime.
In 28 maggio 1974 la poetessa rievoca la strage fascista Piazza della Loggia a Brescia: «Un nuovo ordine. / Ordine nuovo. / Nuova obbedienza / da strutturare. / Siamo soldati. / Siamo servizi. / Siamo pagati / per trucidare».
In 9 maggio 1978, il fantasma di Aldo Moro pesa sulle angosce di una democrazia sotto attacco: «Ammoniva. / Ucciso tre volte, / chiamato a pagare / da solo / per colpe di molti. / Prigioniero politico / di un attacco / al cuore dello stato, / nel processo popolare / a trent’anni di potere».
La voce di Alida Airaghi è sempre indignata e la sua poesia non rinuncia all’impegno civile nel raccontare i misfatti dell’Italia repubblicana. I sui versi puntano il dito contro il lato nero e oscuro che trama perennemente per destabilizzare le nostre istituzioni.
Potenti i versi di 27 giugno 1980, dedicati ai fatti tragici di Ustica: «GUARDA COS’È / ultima a Ustica / frase registrata / pronunciata stupita / spaventata / poi silenzio / un boato / il radar non riceve / segnali/ cedimento strutturale / collisione / missili razzi / ordigno a bordo / e caccia militari / sul mare / rottami valigie / galleggianti / quello che resta / di corpi scoppiati / intorno gabbiani / gracchianti».
In Quanto di Storia Alida Airaghi con la poesia entra nel cuore ferito di una nazione, le sue parole deflagrano.
La lingua è cruda e il poeta non può fare altro che raccontare prima di tutto la storia delle vittime e la tragedia di un Paese che aspetta ancora la verità, come quella che era scritta nell’agenda rossa di Paolo Borsellino, mai più trovata, sparita dolosamente per sempre nel caos di quel 19 luglio 1992 a Via D’Amelio.
«Congiura del silenzio. / Non vogliamo autorità / funerali di stato / la verità invece / quella ci spetta / quella negata / la verità che ancora / aspetta / l’agenda rossa / mai più trovata».
Quanto di Storia è poesia vigile che nasce dall’abisso e sconfina nella coscienza che deflagra.
Alida Airighi con una lingua radicale si fa interprete di un’epoca in cui si muore ancora, in cui la repubblica continua a morire ignominiosamente.