Sono certa che i miei figli mi chiederanno spesso, nel corso della loro vita, cosa sia l’amore.
Una sera, durante la visione di un film abbiamo ascoltato una frase che ha colpito il maggiore di nove anni: “L’Amore è una nebbia che scompare all’apparire della realtà.” Era di Charles Bukowski
Si è turbato da quell’idea di amore a tempo. Per lui l’amore è bello come il tifo, come il tiro in porta contro un giocatore più grande. Come Carlotta, anche se ha due anni più di lui e il prossimo anno andrà alle medie e non la rivedrà più. Ha la certezza che l’amore abbia quel volto. Angelico e allo stesso tempo malizioso perché più maturo delle sue compagne.
E anche la prospettiva di non rivederla, in fondo, gli racconta cosa sia l’amore.
“L’amerò per sempre. Perché nessuna è come Carlotta”.
Ma insisteranno, con questo scrupoloso interrogativo. Perché sono certa che, una volta cresciuti, non vorranno diventare, come quel Bukowski che hanno citato. O, forse, come mamma e papà, che spesso discutono su cose su cui varrebbe la pena sorridere.
Per loro amore coincide con famiglia. E famiglia è un concetto semplice. Come i loro disegni. Un cielo con le nuvolette. Una casa con il tetto rosso. Un cane, un pesce rosso. Qualche pappagallo che svolazza indisciplinato qui e là. Tanti giochi. Un letto per dormire, una cucina per preparare il cibo. Possibilmente fatto di cioccolata.
Devo confessare che anche a me non verrà altra immagine che mostrare ciò che abbiamo costruito, insieme negli anni se dovessi, a bruciapelo, rispondere cosa sia l’amore. E’ questa famiglia che chiamiamo Ohana, citando il cartone Lilo & Stich.
“L’ho trovata per conto mio. E’ piccola e disastrata, ma bella. Sì, davvero bella.”
Ed è la cosa più onesta che potrei dire sulla famiglia.
So che non potrò difendere i miei figli tutta la vita. Ma se lo dovessi fare li vorrei proteggere dai veleni che colpiscono la terra e gli alimenti che mangeranno. Dall’inquinamento. Dalla mancanza di trasporti che potrebbe permettere loro di superare confini e conoscere altre culture senza per questo scoraggiarsi all’ennesima fermata.
Dalla mancanza di opportunità giuste, per misurarsi con il mondo e il proprio talento.
Dalla mafia, dalla corruzione. Dal dolore. Dal mobbing, dal pregiudizio.
Vorrei difenderli dall’ipocrisia. Da chi vuole imporre diritti o pregiudizi.
Dall’ignoranza.
Dai concorsi truccati, dalla mancanza di umanità. Da chi lotta contro un diritto e non a favore di un diritto. Da chi vorrà imporre un’identità alla loro libertà. Da chi magari li tradirà, li trascurerà, li maltratterà a scuola.
Da chi vorrebbe erigere muri fra il sud e il nord, anche se non fatto di mattoni.
Da chi non fornirà loro gli strumenti necessari per formarsi. Per istruirsi. Da chi permette che crolli il soffitto di un’aula.
Da chi non permetterà di farli sedere a mensa, come tutti gli altri, perché alcuni genitori non riescono ad arrivare a fine mese e dunque a pagare in tempo la retta.
Dalla vergogna, dal timore di essere inadeguati.
Dalla mancanza di libri, di occasioni al pari di altri.
Da chi mostrerà una caricatura e lo chiamerà amore.
Io sono una buona mamma perché sono stata fedele ai miei sogni. A ciò che sentivo giusto per me.
perché amo la mia famiglia. E questa è l’unica verità che potrà proteggere.
Famiglia è chi si ama.
Francesca Barra, nata a Policoro nel 1978, è una giornalista, scrittrice, conduttrice televisiva e radiofonica. E’ stata ospite fissa per tutta la stagione di Tiki-Taka, programma calcistico condotto da Pierluigi Pardo, e dal 29 giugno conduce In onda su La7 con Gianluigi Paragone. Ad aprile è uscito nelle librerie Verrà il vento e ti parlerà di me, edito da Rizzoli.