Autore: Hauser Thomas
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Edizioni Piemme
Genere: Biografia
Traduttore: Elena Cantoni
Pagine: 586
Prezzo: 19,90
“Impossibile è solo una grossa parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto. È un’opinione. Impossibile non è una regola È una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre. Impossibile è niente” (Muhammad Ali)
Cassius Marcellus Clay Jr, più popolarmente conosciuto come Muhammad Ali, (Louisville, 17 gennaio 1942 – Scottsdale, 3 giugno 2016), è stato uno dei più grandi pugili che la storia americana e mondiale abbia mai visto. Ali iniziò ad avvicinarsi al pugilato a soli dodici anni, in seguito al furto della sua bicicletta. Con quel primo passo sul ring iniziò una lunghissima carriera che lo vide subito a 18 anni diventare campione olimpico ai Giochi di Roma nel 1960 e quattro anni dopo a Tokyo; a soli 22 anni conquistò il titolo mondiale mettendo al tappeto il campione in carica Sonny Listo.
“Il pubblico nell’arena tifava per al novanta per cento per Ali, ma a me non fece né caldo né freddo. Una volta salito sul ring, era un incontro come qualsiasi altro. Per quanto l’avversario fosse Ali, non combattevo contro un simbolo: affrontavo un pugile, un uomo con due braccia e due gambe come me” (p. 225)
Ali diventò in poco tempo una figura di rilievo non solo nel mondo sportivo, ma anche in quello politico durante gli anni in cui la razza afroamericana sgomitava, e non poco, per avere pochi diritti nel mondo americano ancora fortemente razzista e classista. Il suo ego, il suo modo di porsi e parlare alle persone, la sua caparbietà e anche sfrontatezza lo fecero diventare un caso mediatico, fino ad arrivare a stringere rapporti d’amicizia con Malcolm X e Martin Luther King.
Neanche il Parkinson, riscontrato nel 1984, riuscì a metterlo al tappeto, poiché anche se si ritirò dalla vita sportiva, rimase comunque portavoce e simbolo della lotta razziale e di problemi sociali dei più poveri fino alla sua morte il 3 giugno 2016.
“Nei giorni precedenti l’incontro, Ali fece del suo meglio per solleticare l’intersse del pubblico. Appioppò all’avversario il nomignolo di “Pellicano”, per la mascella sporgente, e promise di stenderlo con una nuova tecnica pugilistica: l’agopuntura” (p. 364)
La biografia di Muhammad Ali, scritta dal giornalista Thomas Hauser, può essere considerata come reperto storico e non come libro in sé. Racchiude infatti le opinioni “genuine” non solo del campione sportivo, ma anche di moltissime persone che hanno orbitato intorno a lui: da gente dello sport, a persone poltiche, alla famiglia, amici. Mostra nel suo insieme le molte facce dell’atleta, uomo, simbolo e caso mediatico, mostrandoci senza veli la sua vera identità.
“Per tutto il tempo in cui mi impedirono di combattere, io mi sentii sempre il campione del mondo dei pesi massimi, a prescindere dalle dichiarazioni delle autorità sportive. Poi persi contro Joe Frazier. A ferirmi non fu la perdita finanziaria né i colpi incassati: fu di non avere più diritto al mio titolo“(p. 249)