L’ElzeMìro – Lettere d’ignoto alla dr.ssa Dedgyakéli – Lettera prima, Tirano 31 dicembre, Niente-da-dichiarare

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         George C. Tooker (1920-2011) Un ballo en Maschera,1983, litografia, RoGallery

 

Dottoressa Dedgyakéliª,

Prima che sospendessimo, lei mi disse che c’era da lavorare sulla mia fanciullesca e mortale attitudine a stazionare nelle stazioni inebetito dal gigantesco meccano, sopraffatto dal gioco dei treni, aspettando il mio col desiderio irresoluto di salirvi e andare dove, altrove sì; in fuga, una rincorsa in avanti messa in atto tardiva perché in lotta con la mia Statica Estatica. Oggi, il mio allungare Linee, far sprizzare Tralciᵇ tra una mia geografia fantastica e gli orari ferroviari, significa non fuggire ma Fugare il mio sentirmi morto commesso viaggiatore; nella cabina di un vagone letto, supino nella cuccia, le braccia non sanno dove mettersi altrimenti che sul petto nelle pose care alla consapevolezza dei cadaveri, sento sibili dal treno piovere come saette, preso dal terrore di ad-dor-mórtar-mi mi rinvolto sul fianco, raggomitolato tra le lenzuola come milite al fischio dello shrapnel che lo ridurrà ignoto. Tuttavia, ho intuito come mai nessun Brecht, e come mai nessun attore studiato, il mio cavallo di battaglia, l’operetta Niente-da-dichiarare, e l’interpreto senza concorrenti mi pare; sicché i miei viaggi peccano di intellettualità là dove difettano di intelligenza. Non sempre è stato così; ma occorre risalire alla mia quarta elementare. Scrissi una finzione in quel periodo, non l’ultima cui non trovai destinazione; un raccontino con cui assaltai e sbaragliai l’ostilità del tema, le mie vacanze, con un’intrepida fantasia su una festa religiosa; mai vista una; erano autentici solo il luogo, un paesino delle colline fiorentine, e il contorno, il ricco zio presso il quale passavo le ferie estive, ma nel mio Quadro lo appannai, ritenendolo, lo fu poi, corto circuito tra il vero e il reale; il resto vivida descrizione di un Mistero improbabile; la natura pare ci faccia atei e pagani, confondere Rito con Mito, e mitòmane gabbato con adulto appagato; meritò la lode della direttrice, quel mio Tema d’inganno, della maestra, e l’onore della lettura in classe. Pronti alla guerra di movimento per le alture della società, ai compagni sui quali vantavo allora una superiorità tattica che il tempo avrebbe travolto, opposi a lungo la vana gloria di accalappiatore di parole, manipolatore di poscritti, scri… cricrì… Orto ben curato che in nessuna stagione mai dètte fiori e frutti. Oh, la metà-fora dal dentro. Ora però, rileggendomi questa, non escludo per principio altre lettere; spedirle, non spedirle; florilegio epistolare, sacrificato agli Dèi del Pressapoco. A chissà. I.

Schermata 2017-05-09 alle 10.57.35

ª cfr.in https://wp.me/p1nPRU-11p

ᵇ cfr. in in Poesie staticheGottfried Benn: tirare linee… (far) sprizzare tralci/Linien anlegen…Ranken sprühen

per questo e altri giochi di parole ci siamo attenuti alla massima interpretazione possibile in italiano. Qui dal tedesco einschlafen addormentarsi e spegnersi, e zerstoßen pestare in un mortaio il neologismo ein-zer-schlaßen. Il lettore noti inoltre l’uso frequente e imprevedibile della maiuscola pei  nomi comuni.

Schermata 2017-05-09 alle 10.57.35

Georges Simenon  – I pitard – Adelphi

L.F. Céline – Rigodon – Einaudi

BA 10

Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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