George C. Tooker (1920-2011) Un ballo en Maschera,1983, litografia, RoGallery
La vita vista dalla testa non vale più della vita vista da un pesce rosso – L.F. Céline – Bagatelle per un massacro
Il treno sta per fermarsi e non è una metafora. Indovino me l’umore dei treni, frena e rallenta, stomp; scalo intorno, diecimila binari; cavalla bretone in riposo una mastodontica locomotiva rossa, tentazione da ladro, tutta accesa in attesa, parcheggiata a tre binari di distanza dal mio convoglio fermo. Luci paramount di periferico misto con grattacieli. Il what’s what del contemporaneo sta nelle periferie, ché la campagna è ingannatrice; collinette, laghetti, casette, pandsipagni, geragni, tirolesi, l’arreso del mondo è periferia a miriametri cubici, monito ai pellegrini, scampo nigòtt*. Le città qui però sono conchiglie tortili, nautili accroccati ai borghi da cui crébbero brutti, magari di una loro amabile bruttezza, o tarabiscottati, polvere dei sæcula, enfisematosi. Ma ristrutturiamo. Sì sì pensateci dottoressa. Amerìga, la zarussia di tutte le russie, tutta una torre, d’altro picca, bologne di calcestruzzo0 e tartàres di deserti; ci sono stato una volta, tournée dell’Opera. Gli amerìghi uguali, gli piace che il passante, inebetito dal benzene abbia solo voglia di sparire in qualche lassù, càmola d’ufficio a travagliare, they corpsorate1 , gli amerighi. Poi non saprei dire dóvese dormono. A notte i loro macchinisti del teatro scomparivano, cunicoli mah. Quando una guerra col flit2, è la domanda. Sotto questo profilo me sono un esempio d’inutilità funzionale della specie, i bipedi; maggioranza vivente relativa a cosa servono se non a nuocere a un equilibrio di vespe, mosche e zanzare dal quale sono elusi, sconfitti, destituiti; da essere mangiati dai virus. Allora guerra. È la portata più ghiotta del frißfraß3 umano, oh come se la bròccola, lecca, degusta, che non superi le sue aspettative; se dura troppo o troppo poco per farsi le Glorie, lagne, stop au galop. Il più nobile mobile da guerra è la crocerossina, porterà o no le mutande sotto l’immacolata. Sogno spesso di sparare. Sparare per sparare intendo, come vivere, a bruciapelo. Poi la sosta definitiva si fa al cinema, perfetta camera ardente dove pianto, rammarico sembrano sensati. Io piango per indicibili sciocchezze, che nel di fuori figurati; cinematografare l’esistenza, propria, altrui, serve all’arte della solitudine. Doktoressa scriverò più per nessuno. Capita d’incontrarne talvolta. Di Nessuni.
Allora la locomotiva rossa, macchinista boh, salto su. Davanti a me il reticolo degli scambi, segnali chiusi. Occhio ai comandi, tutto chiaro; all’improvviso segnali verdi, scambio che devia. Do corrente, trunk che la si sposta la locoemotìva, accelera, frena, rallenta, funziona tutta. Ah ah si parte. Addio monti sorgenti4. Presto grazioso. Ahdieuhhhhù.
* cfr. in https://wp.me/p1nPRU-15M
* brianzolo per niente.
0 Può essere che qui l’ignoto giochi tra Bologna intesa come città turrita ma di calcestruzzo, e bologna, insaccato inteso mortadella, forse correlativo di tartares di deserti che segue.
1 Intraducibile e indecifrabile nel contesto. Il verbo corporate non ci risulta esistente; qui sembrerebbe piuttosto crasi tra corpse, cadavere, ed orate, pontificare. Ognuno si aiuti con la propria fantasia.
2 marchio di fabbrica di un insetticida, il DDT, contenuto in uno spruzzatore a pompa per uso domestico. Celebre nella lotta alla malaria e al tifo prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale; tossico proscritto dall’uso, secondo i paesi, alla fine degli anni settanta.
3 tedesco, ß =ss. Qui per l’ imperativo e il passato remoto di fressen-freßen/abbuffarsi o genericamente mangiare riferito solo agli animali.
4. in A. Manzoni - I promessi sposi - cap.VIII
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