L’ElzeMìro – A domani, una conversazione d’altri tempi

Adriaen_Coorte_-_Schelpen_op_een_stenen_plint_SK-C-1761              Adrien Coorte (1665-1707) Conchiglie su un plinto di pietra – Rijksmuseum

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A domani; se un tale incontrato per combinazione in istrada non gli avesse mai detto a domani, allora forse; come succede però a quanti soccombono all’equivoco che il caso sia loro personale messaggero, folgorato da quel a-domani il mio amico*** prese la strada per casa in angoscia, mi raccontò, contando i secondi a quanto gli mancava e a che cosa non avrebbe voluto dire; siamo nati da un attesa e nell’attesa consumiamo la nostra vita, notò quel giorno nel suo diario; non aggiunse piccola a vita chissà per nascondere la parodia di Shakespeare nel messaggino puerile; si definisce social oggi confondere e propagandare una renella collettiva per cascata di perle; quell’appunto però gli risultò credibile; attesa, dolce attesa, attesa vana, chi più attende meno spende, immagino che avesse declinato attesa tra sé affannando la chiave nella serratura del portone, per poi lanciarsi su per le scale quasi lo inseguissero, arrancando su lugubri stampelle, quegli orologi molli di Dalí, voi ricorderete.                                                                  Il conversatore di spirito tacque, come tediato, poi continuò. Chiuso in casa il poveretto si sentiva al sicuro, così mi diceva, abbastanza da sopportare la vista del suo calendario a fogli mobili; sempre pronto per uscire però, cappello in capo, ombrello impeccabile, ricercato nell’abito come se ad ogni istante s’aspettasse una convocazione dall’eternità, e a condizione tuttavia che il cielo fosse coperto o piovoso; il sole, diceva, batte e asciuga il tempo, morirò, ma il futuro non soddisfa l’assunto, io sono essendo morto, da questo punto di vista posso fare persino progetti, farfugliava e, fermandosi davanti a questa o quella vetrina controllava il nodo della cravatta alla propria immagine, che lui chiamava il suo vivo decesso.                                                                                                   Come i narratori nei racconti del gran secolo, il conversatore di spirito s’interruppe per rigirare al lume di un bel lume un bicchiere di buon vino di Rioja, appena arrivato di Spagna sarebbe stato scritto in uno di quei racconti; sorseggiò, gustò, concluse il divagare con un goduto giudizio, poi riprese. Mi pare che l’episodio appena succinto testimoni del precipizio incontrato dal mio povero amico, del suo marasma in cerca di appigli, di una strategia; dopotutto  non era così lontano dal vero quando sprofondò nella convinzione che l’esistenza fosse un aut aut brief candleª; dunque fronte al terrore del suicidio a rate, sopportabile orrore e farmaco insieme fu per lui la follia, uscire dal tempo, che, per paradosso, vuol dire per sempre. Prosit.

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ª il conversatore di spirito gioca di citazioni, qui tra l’Aut aut del Kierkegaard e lo Shakespeare di Macbeth a5/s5, Out out brief candle, life’s but a walking shadow…etc. e poco prima di Tempesta a4/s1, We are such stuff/ As dreams are made on; and our little life/ Is rounded with a sleep.

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Anton Cechov – Racconti – Bur

Edgard Allan Poe – Il barile di Amontillado –  Racconti neri – Mirandae

BA 10
Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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