Grandi riflessi – Tahar Ben Jelloun: Il razzismo spiegato a mia figlia

 

Tahar Ben Jelloun

Titolo:  Il razzismo spiegato a mia figlia (Le Racisme expliqué à ma fille)

Autore: Tahar Ben Jelloun

Anno di scrittura: 1998

Edizione usata per la recensione: Seuil, 2004

 

Per celebrare insieme la giornata internazionale della Francofonia (20 Marzo) e la giornata mondiale contro il razzismo (21 Marzo) abbiamo deciso di recensire un’opera dell’autore francofono Tahar Ben Jelloun: Le Racisme expliqué à ma fille che Le Figarò ha definito come “un piccolo libro tenero e pedagogico per “spiegare” il male ai bambini. “Affinché non soffrano il male essi non dovranno faticare per cercare di capire l’incomprensibile, con la speranza che non siano mai vittime di tali pregiudizi.”

Il libro nasce da una conversazione tra l’autore e Mérième, sua figlia, quando durante una manifestazione contro un progetto di legge sull’immigrazione la bambina di soli dieci anni comincia a porre molte domande sul razzismo.

L’autore dichiarerà che questo libro tenta di rispondere alle domande dei bambini e si rivolge a quelli che  non avendo ancora pregiudizi vogliono capire. Infatti a pagina 18 Ben Jalloun spiega alla figlia “che non si nasce razzisti, lo si diventa. Per una buona o cattiva educazione. Tutto dipende da colui che educa, che questa sia la scuola o la casa.” In un’intervista egli afferma: “Sono partito dal principio che la lotta contro il razzismo cominci con l’educazione. Si possono educare dei bambini, non degli adulti.”

Altro ruolo centrale per la lotta al razzismo è quello che riveste il linguaggio: “occorre rinunciare a idee preconfezionate, a certi proverbi che vanno nel senso della generalizzazione e di conseguenza del razzismo. Bisognerà arrivare a eliminare dal tuo vocabolario delle espressioni portatrici d’idee false e pericolose. La lotta contro il razzismo comincia con il lavoro sul linguaggio” (pag.63). Si pensi ad espressioni come “lavorare come un negro”, “tirchio come un ebreo”, “vestirsi come una zingara”, “fumare come un turco”, “mangiare come un italiano”, “precisione svizzera” che, stando al punto di vista dell’autore, potrebbero essere “veicoli di pregiudizi xenofobi […] del resto il razzista è colui che generalizza a partire da un caso particolare” (pag.39).

Scritto sotto forma di dialogo con intento pedagogico evidente il libro è rivolto prioritariamente ai giovani tra gli otto e i quattordici anni, ma è l’autore stesso ad ammettere che gli adulti potranno leggerlo traendone profitto. È interessante scoprire che il libro è stato riscritto almeno quindici volte per bisogno di chiarezza, semplicità e oggettività, anche grazie alle letture con gli amici della figlia che hanno corretto l’autore diverse volte.

La definizione di razzismo che si trova a pagina 11 è disarmante e chiara nella sua semplicità: “Il razzismo consiste nel non fidarsi e anche a disprezzare delle persone che abbiano caratteristiche fisiche o culturali diverse dalle nostre” (p.11). “Il razzista ha la tendenza a non fidarsi di ciò che è nuovo e sovente si ha paura di ciò che non si conosce” (p.14).

Grazie alla lettura di questo libro sarà possibile scoprire cose del tutto sconosciute ai più come l’indicazione del fatto che “la parola ghetto è stata il nome di una piccola isola di fronte a Venezia e che nel 1516 gli ebrei di Venezia furono mandati su quest’isola, separati dalle altre comunità” (p.23). Interessantissimi anche i riferimenti ai testi religiosi quali il Corano, la Torà o la Bibbia i quali “sono tutti libri sacri contro il razzismo. Il Corano dice che gli uomini sono uguali davanti a Dio e che sono diversi per l’intensità della loro fede. Nella Torà c’è scritto: se uno straniero viene a soggiornare con te, non molestarlo, sarà per te come un dei tuoi compatrioti e tu lo amerai come te stesso. La Bibbia insiste sul rispetto del prossimo, cioè l’essere umano, che sia il tuo vicino, tuo fratello o uno straniero” (pag.33).

A pagina 40 Mérième riassume le spiegazioni del padre affermando che “il razzismo viene da: 1) la paura, 2) l’ignoranza, 3) la stupidaggine.”  

Nel libro si parlerà con altrettanta chiarezza anche del capro espiatorio, di genocidio, sterminio, schiavismo, apartheid e colonialismo.

È nella conoscenza che sta la lotta contro il razzismo e ci piace pensare che la chiarezza e la maestria con cui l’autore esprime questi concetti così complicati nasca anche dai suoi studi filosofici a Rabat e dalle sue lotte, fin da studente, che lo portarono insieme ad altri 94 giovani compagni nei campi disciplinari militari nel 1966, liberato solo nel 1968. Nato a Fès (Marocco) nel 1944, dopo la parentesi dei campi riprende gli studi ma nel 1971 si trasferisce in Francia specializzandosi in psichiatria sociale. A un anno appena dal suo trasferimento pubblica una raccolta di poesie e viene notato dal giornale Le Monde presso cui lavora. Nel 1973 pubblica il romanzo Harrouda facendosi notare anche da grandi autori come Beckett e Barthes. Il suo secondo romanzo è La Prière de l’absent, il successivo L’Ecrivain public, pubblicato nel 1983, un vero successo letterario. Nel 1987 riceve il prestigioso premio Goncourt per La Nuit sacrée. Testimone delle crisi del mondo arabo, nel 1991 pubblica La remontée des cendres, libro dedicato alle vittime anonime della guerra del Golfo. Le Racisme expliqué à ma fille, è un’opera pubblicata in tutto il mondo, tradotta persino in esperanto. Oggi vive a Parigi e crediamo, come ci suggerisce a pagina 63, che “la lotta contro il razzismo sia un riflesso quotidiano. La nostra vigilanza non deve mai abbassarsi. Bisogna cominciare a dare l’esempio e fare attenzione alle parole che si utilizzano. Le parole sono pericolose.”

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