Titolo: Canti Pisani
Autore: Ezra Pound
Prima edizione: 1948 (inglese)
Ezra W. L. Pound (1885 – 1972) è considerato uno dei principali poeti e saggisti americani ricordato per la sua lingua musicale tipica del modernismo che contrasta l’eco della letteratura vittoriana. Amico di William Butler Yeats, trascorse con questi un periodo in Inghilterra studiando letteratura giapponese. Nel 1920 si trasferì a Parigi dove frequentò numerosi esponenti delle avanguardie e incontrò, tra gli altri, Hemingway, Picasso e Cocteau. Quindi nel 1924 si trasferì in Italia scegliendo Rapallo come sua dimora. Durante gli anni ’30 e ’40 si avvicinò al Fascismo tanto che nel maggio 1945 fu catturato dai partigiani, consegnato alle forze americane e rinchiuso in un campo di prigionia tra Pisa e Viareggio. A questo periodo risale la composizione degli undici Canti Pisani e la sua traduzione di Confucio. Trasferito in America per essere processato venne però dichiarato infermo di mente e schizofrenico, così fu internato in un ospedale criminale da cui uscì solo tredici anni dopo affidato alla moglie che lo riportò in Italia. Coltivò inoltre amicizie con Lawrence Ferlinghetti e Pier Paolo Pasolini.
Di Ezra Pound ha scritto anche Luigi Armando Olivero (1909 – 1996), giornalista corrispondente dall’estero per diverse testate tra cui Il Resto del Carlino, inviato speciale di La Stampa, romanziere e poeta in lingua piemontese. Riportiamo di seguito un suo articolo tratto da Graal Rivista Internazionale d’Arte e Pensiero fondata e diretta da Hrand Nazariantz (Bari Anno VI N° 3, giugno 1957)*.
Chi scrive, ha conosciuto in Inghilterra, e, successivamente, frequentato a Parigi e a Roma Ezra Pound. Non ha mai avuto la più infinitesimale impressione che fosse un pazzo o un criminale. Era, ed è, uno stravagante sognatore, un uomo di sterminata cultura classica e moderna, occidentale e orientale, un poeta di razza prometeica, e, politicamente, un uomo di costituzionale, sincera, eterna opposizione. L’America ha compreso benissimo il suo alto valore letterario, costituendo un’«Associazione degli Amici di Ezra Pound» per la divulgazione delle sue opere e assegnando anche al detenuto «pazzo criminale» il governativo Premio Bollingen 1949 per i suoi stupefacenti «Canti Pisani» (pubblicati nel 1954, in ottima traduzione italiana con il testo a fronte, dall’editore Ugo Guanda di Modena). Questi «Canti Pisani» sono l’opera più estrosa e vigorosa di tutta la poesia americana e furono scritti, in gran parte, mentre l’autore si trovava in un campo di prigionia a Pisa, rinchiuso in una gabbia da animali e avendo la sua persona esposta, durante la notte, ad una luce accecante di riflettori convergenti. Supplizio in Italia e successiva detenzione in America impostagli per aver parlato alla radio italiana e scritto, in tempo di guerra, contro il sistema organizzato dell’alta banca internazionale, nonché per educare i suoi compatrioti all’etica confuciana, e, al tempo stesso, per richiamarli ai principi di Thomas Jefferson, di John Adams e della Costituzione Americana.
Nelle frequenti conversazioni che ebbi con lui, non gli udii mai pronunciare una sillaba contro il suo Paese: ed ebbi sempre l’impressione che, politicamente, egli coltivasse piuttosto un socialismo intellettuale, democratico e persino utopistico nelle sue finalità, ma con una base contingente di critica e di revisione sociale sul terreno pratico, documentato e polemico, alla Upton Sinclair. Sarebbe tempo che l’America rimettesse in libertà questo vegliardo che non ha mai fatto del male a nessuno e che tutto il mondo onora: a incominciare dall’Inghilterra la quale, ad opera del suo maggior poeta vivente, T. S. Eliot, raccoglie e diffonde amorevolmente i suoi scritti. Come questo primo volume dei suoi «Saggi letterari» – selezionati da quattro dei suoi sei volumi critici, nonché da giornali e riviste sperimentali divenuti ormai introvabili – che Aldo Garzanti pubblica in elegantissima edizione italiana, nell’accurata traduzione di Nemi d’Agostino.
Giustamente Eliot sostiene che, da questi saggi (e dagli altri che raccoglierà in seguito) del Pound, uscirono due generazioni di poeti anglo-americani, non più aulici o individualisti, ma coscienti delle nuove istanze etiche e sociali proposte in sede poetica e dibattute in sede critica dal Pound. Lo stesso Eliot, nel decennio 1910-1920, si nutrì della potente midolla leonina di questi scritti polemici e didattici e ad essa deve la sua formazione poetico-culturale. Egli definisce l’energetica critica del Pound «la più importante critica contemporanea nel suo genere» e riconosce che il suo autore contribuì, con la propria poesia, a scatenare la «rivoluzione poetica del secolo ventesimo». Questo primo volume è diviso in tre parti che abbracciano diverse epoche della predicazione messianico-letteraria del Pound. La prima concerne «L’Arte e la Poesia», la seconda «La Tradizione», la terza «I Contemporanei».
Si potrebbe ravvisare, in queste prose scarne e balzanti, l’autobiografia interiore del Pound: la storia dei suoi enciclopedici interessi, dei suoi studi d’un eclettismo ragionato e profondo, delle sue simpatie e antipatie, dei suoi scatti d’insofferenza e anche collerici, ma, soprattutto, del suo violento, stratosferico amore per la poesia, per la bellezza, e, purtroppo, per l’irraggiungibile giustizia sociale: della quale egli ha voluto farsi temerario campione, contandone, a 73 anni, la dedizione assoluta di tutta la sua vita nomade, con una detenzione manicomiale che perdura da 18 anni: senza che ormai si speri più di vederlo restituito a libertà, magari in Italia, nella sua diletta Viareggio, se l’America ufficiale ha – come dimostra di avere – paura di tenersi a piede libero questo innocuo, genialissimo, ultrasettuagenario «pazzo criminale» anticonformista.
In uno dei suoi migliori saggi, del 1918, Ezra Pound aveva scritto queste parole singolarmente profetiche e che assumono oggi un valore di perfetta antiveggenza del suo destino: «Gli artisti sono le antenne della razza, ma la moltitudine dalla testa di piombo non imparerà mai ad aver fiducia nei suoi grandi artisti. È compito dell’artista rendere l’umanità cosciente di se stessa… La moltitudine fastidiosa degli sciocchi non imparerà mai a distinguere la mano destra dalla sinistra, non cercherà mai di scoprire un significato. È sempre facile alla gente fare delle obiezioni a ciò che non ha tentato di capire».
*Si ringrazia il ricercatore Giovanni Delfino per il materiale messo a disposizione (sito su Olivero).