
Autore: Fazioli Andrea
Data di pubbl.: 2018
Casa Editrice: Guanda editore
Genere: Noir
Pagine: 282
Prezzo: 18 EU
La copertina dice “Romanzo noir”. L’immagine ritrae alcuni parcheggi vuoti e numerati, sporchi di chiazze di sangue rosso scuro, delimitati da cartelloni pubblicitari, dello stesso rosso, su cui sono tracciate delle croci svizzere.
Non è un noir puro anche se qualche elemento c’è. Il detective, per esempio, il solito Elia Contini che Fazioli ci ha già presentato in altri romanzi. Un detective da noir, un uomo deluso dal mondo che ha trovato il suo equilibrio grazie a una relazione, che fatica a riconoscere come tale, a un lavoro che gli offre qualche stimolo e qualche soddisfazione ma non troppi soldi. C’è naturalmente il crimine violento, di cui il lettore sa subito tutto, anche il suo assassino. Niente misteri, e quindi non è un giallo. Però. Proseguendo con la lettura, la trama si complica, le vite dei personaggi si annodano nei loro percorsi e si intrecciano, formando angoli bui. Al lettore, e al detective, spetta il compito di far luce sulla verità.
Verità che, tutto sommato, non è molto importante. Perlomeno, non è questo il pregio maggiore di questo romanzo. La sua caratteristica più interessante è, in realtà, quella di mostrarci dei mondi molto diversi tra loro e allo stesso tempo molto simili. Il primo mondo è quello di Elia Contini, e di Andrea Fazioli: la Svizzera italiana, la sua gente, i suoi paesi, le sue montagne che sono co-protagoniste tanto quanto i personaggi descritti. Il secondo mondo è quello dei Tuareg, della loro cultura, della loro religione, del loro deserto. Fazioli sembra conoscere bene anche questo mondo ed è in grado di offrirli entrambi al lettore, che può confrontarli e trovarne i tanti punti in comune, a cominciare dai paesaggi – montagne e deserto – tanto diversi e tanto simili.
Il legame tra i due mondi è un migrante (ma tecnicamente è un turista), che suo malgrado è coinvolto nelle vicende di una famiglia ticinese e che, nonostante le sue intenzioni iniziali, si legherà sempre di più a un mondo che non è il suo.
Il Centro per richiedenti l’asilo aveva videocamere, sbarre di sicurezza, una recinzione davanti all’ingresso. Sulle prime Moussa si sentì a disagio: sembrava una prigione. Poi però, quando si presentò, venne accolto da una signora gentile, sui cinquant’anni, con i capelli grigi tagliati corti.
Eccolo qui, l’incontro tra i due mondi, raccontato attraverso delle cose che sembrano banali e insignificanti, ma in realtà molto importanti.
Gli svizzeri muoiono feliciè una storia piacevole da leggere che sorprende non tanto per l’intreccio giallistico quanto per la capacità dell’autore di aprire uno scorcio su culture diverse e distanti (ma non troppo).