Data di pubbl.: 2024
Pagine: 416
Prezzo: € 19,00
Romanzo epistolare questa storia familiare di Marina Milani che ripercorre la vita degli svizzeri Lyrer trapiantati a Bergamo nell’ottocento e dediti all’industria tessile come altri connazionali in quei luoghi. Ma dire ‘romanzo epistolare’ è riduttivo. La principale voce narrante è il giovane Jonas Lyrer, ultimo discendente di questa grande, complicata e stralunata famiglia. Un ‘Dioniso boschivo’, come lui stesso si definisce, inviso ai suoi compagni di scuola, solitario e poco propenso a entrare in contatto con altri esseri umani. Vive a Villa Drys accanto ai grandi vivai ormai in disarmo – non fosse per la volontà della sorella maggiore Petra di tenerli in vita – dei Lyrer, in compagnia del padre Thomas, un genio alcolizzato, della sorella di costui Elizabeth e di Wippy, l’ultimo dei border collies dell’allevamento nato nella proprietà come attività collaterale. Sua madre è uscita dalla sua vita quando lui aveva pochi anni e molto di ciò che conosce del passato dei Lyrer gli è stato raccontato dalla prozia Margrit, ormai morta. La grande, vera passione di Jonas sono le piante, uniche creature viventi con le quali avverte una sintonia profonda. Già, perché lui si ritiene il vero erede del bisnonno Hasso, celeberrimo botanico, uomo dal fulgido intelletto, con una visione avveniristica del mondo della flora, capace di creare alla fine dell’800 quel vastissimo vivaio con esemplari di piante portate, fra gli altri luoghi, dal Borneo dove lo aveva condotto, giovanissimo, la sua passione per la botanica. Passione abbracciata, coltivata e nutrita contro il volere del padre – un divorante padre drago – che lo avrebbe voluto a capo dell’industria tessile Lyrer come da tradizione familiare. È Jonas dunque a raccontarci la storia di Hasso e dei Lyrer nella fitta corrispondenza elettronica intrattenuta con Stella, attivista green e scrittrice. Si sono incontrati per caso a Davos nel 2019 in occasione del World Economic Forum, dove si trovavano per protestare contro i cambiamenti climatici al seguito di Greta Thunberg e ora, nel 2020, bloccati dal Covid, non possono far altro che scriversi. Stella vuole produrre un romanzo postapocalittico che abbia come tema alberi e natura, e Jonas le fornisce la storia del bisnonno Hasso e della sua famiglia. Gliela offre come un gesto d’amore, incapace com’è di farlo in modo fisico e concreto, impossibilitato com’è dal lockdown a raggiungerla o farsi raggiungere. Le scriverà per due lunghi anni ripercorrendo nei dettagli non solo le incredibili vicende della sua stirpe, ma un pezzo consistente di Storia italiana fino ai nostri giorni. E poi Stella busserà alla sua porta e Jonas dovrà fare i conti con la propria vita, capire che non si possono vivere vite già vissute da altri o vestire i panni di chi non c’è più, ma costruire la propria di vita in un mondo in continuo cambiamento che necessita di nuove figure per essere salvato. Jonas diventerà un bioarchitetto e darà il proprio personale contributo al benessere delle piante e si spera dell’umanità. Lo ringrazierà di sicuro il bisnonno Hasso, scomparso misteriosamente in una notte di tempesta del 1945, forse, come immagina Jonas, inghiottito dalla più grande e maestosa quercia del vivaio, un albero che aveva dato il nome alla villa e che Hasso venerava:
“Lì dentro c’era una gran pace, e linfa dolce che scorreva a sazietà, e radici intelligenti che si allungavano sotto i suoi piedi alla ricerca di nuovi territori da esplorare. E lui, pian piano, diventava una creatura vegetale.” (pag. 409)
Un libro avvolgente, ironico, intelligente e avvincente come pochi.