ElzeMìro – Mille+infinito-La doppiatrice

Per come scrisse un certo francese, che ce ne facciamo delle storie il mondo è pieno di storie là fuori,  non è di preciso dunque una storia questa che ti dico ma, ascolta e vedrai – proprio alla lettera vedrai se cercherai di ascoltare e vedere – qualcosa di simile a una sequenza di istantanee. Allora oh, comincia a immaginarti… don…don…don…don di campana profonda, a intervalli costanti ; di una chiesa si capisce, quali altre campane possono mai suonare, e abbastanza vicina ; potrebbe essere soltanto che batta le ore oppure che suoni a morto ma la doppiatrice, che è il soggetto di questo quadro, non saprebbe dire se è quello o quell’altro il caso. La doppiatrice, si sappia, non è pratica di campane e dei loro segnali. Ovvero, ne ha dimenticato del tutto il senso che, tuttavia, appartiene alla sua infanzia di lei, quando nel paese dove nacque era, e forse è ancora la campana a pilotare la quotidiana litania di vespri e rosari, cose del genere e matrimoni e decessi appunto, la cui eco però è evaporata nella sua memoria, di lei, e va bene così. Del resto, da quando lavora in quello studio di doppiaggio, il Titànus Dubbing Studio, incastrato nel cortile di una stradina quieta, via D’Altavilla, non lontana dalla stazione centrale, e in faccia a un albergo, si dice per dire, il Florìda due stelle, dove le è capitato, alla doppiatrice, di veder entrare coppie del pomeriggio prima di un turno e uscirne altre alla fine di un altro, da quando ci lavora, al Titànus, è la prima volta che si accorge del suono di una campana ; non sa da dove possa arrivare ma infine, è così ; take it…and… leave it.

Ora la doppiatrice ha una rivista con un titolo inglese ma in italiano, aperta davanti a sé sul tavolino del brutto caffè, il bar Lindo, che non lo è anzi, è un buco non accogliente ma è l’unico vicino, comodo per i tecnici per esempio, in faccia al cancello del Titànus ; la rivista si sfoglia da sé tanto è annoiata da una parte, dall’altra… c’è che la doppiatrice è in largo anticipo sul turno, ma proprio ; occorre sapere che degli orari lei è un’ossessa : che sempre la fa essere non nel dove-sto ma nel dove-e-nel-quando-sarò. Dunque benché gli occhi sfiorino le pagine patinate, il loro più prossimo, il cervello, è sincronizzato con gli anelli di venti righe che dovrà doppiare. In anticipo ecco già qua il primo così ti fai un’idea del lavoro ; gli altri se mai immaginali della stessa costituzione letteraria…

Lei – No, no Ozan tu… tu fai a pezzi tutto ciò in cui credo… e adesso mi rinfacci di fare lo stesso con te… questo matrimonio… che cosa è per te non lo so più… perché tu… io ci ho messo molto a capire che tu avevi… una maschera… un travestimento… ah ecco il termine esatto… una mimetica…
Lui – Ma Çiçek io
Lei – Che cosa Ozan… io non credo che un matrimonio sia stare appiccicati uno all’altra come pagine di libro bagnate… che asciugano e invecchiano al sole e poi non le stacchi più e si sbriciolano… che cosa vuoi da me… non sono il tuo foglio bagnato…
Lui – Non è questo ti capisco ma dico che due si bastano… io dico…
Lei – Smettila… non credo a quella citazione che mi hai fatto spesso… uno dei tuoi europei… com’è… la fredda maestà della donna sterile… vedila così… siamo animali come gli altri e io sono incinta… gravida come una gatta… gravida soprattutto di un modo di intendere la coppia… come…
Lui – incubatrice…
Lei – Sì che male c’è…
Lui – C’è che io… io…io…io non posso… io… non sono pronto…
Lei – Cinque volte io hai detto… e allora non dovevi sposarmi… perché ti ho sposato per questo… per creare qualcosa che andasse oltre i nostri piccoli… miserabili…
Lui – Çiçek… mi stai dicendo…
Lei – Quello che vedo… la fine…
Lui – Ma senti
Lei – Non… mi interrompere… quando avrò finito potrai parlare da solo quanto vuoi… quello che sento e che tu vuoi fare l’eterno innamorato… lo sei in effetti sei innamorato dell’amore… io penso che sia più semplice la cosa… che ci si innamora di una persona e poi…
Lui – La si mette incinta… è questo…
Lei – Troppo banale per te… per l’aquila solitaria… beh ricorda che anche le aquile fanno un uovo e lo covano… addio Ozan

La doppiatrice ovviamente ancora non sa che dovrà doppiare di lì a poco questo dialogo così così e riempie il tempo tra adesso e dopo con la rivista dal titolo inglese, attenzione, che lei compra con qualche regolarità. Ebbene ora il suo occhio e chissà – la pubblicità insegna che forse è perché lei ha un problema coi capelli, grasso, doppie punte, invecchiamento, melanconie – il suo occhio medita sulla piena doppia pagina 20-21, enorme foto di una testa, di donna è ovvio, castano chiara, ripresa dall’alto su un limbo scuro scuro in modo che siano i capelli il centro dell’attenzione ; annuncio di un bio bio boh che promette la ristrutturazione del capello, al singolare ma l’intento comunicativo è plurale ; titolo molto grande di una grandezza – corpo 36, 48, 64 mah – sotto la marca del bio, di una grandezza, che deve essere intesa a catturare l’occhio delle donne dalle lunghe chiome appunto ; metà dei capelli nella foto sono imbrigliati da un pettine ; a monte del quale i capelli appaiono photoshoppati in modo da metterne a nudo la struttura ad albero, vera, falsa o improbabile che sia. Hai capito vagamente di che si tratta. Fine delle pagine 20-21. Alle seguenti un succulento servizio sul recente Metropolitan gala di New York ; la doppiatrice non si sofferma sul resoconto scritto ma sulle foto del red carpet e del cocktail afterward. Si vedono molte gambe in eccesso, molti piedi inadatti a sandali stringa, unghie multicolori ma prevale il rosso tradizionale nelle sue 50 sfumature, poi taffetà, organze, palloncini e tubini e veli, molti veli multicolori, nudi parziali cioè alla cintola, volti terrei bruciati dai flash, glitters e qualche addobbo tradizionale tipo smoking su magliette, qualcuna incolore, qualcuna serigrafata con segni che non importa star qui a commentare. È sempre il pattern, cioè lo schema, la configurazione complessiva di un’immagine a colpire l’occhio che si informa e uniforma sintetizzando. La doppiatrice non è un’analista di immagini ; anzi non lo è per niente : ricorda pochi film di quei pochi che ha visto, doppia a orecchio, soprattutto per doppiare di solito cartoni animati giapponesi ; e anzi tutta la sua esperienza di cinema e recitazione si è fatta e finita con i cartoni e un costoso corso di doppiaggio. Tornando alla rivista e sempre in ambito red carpet c’è una foto grande di un grande attore in smoking ma con ai piedi degli zoccoli clog, gialli per l’occasione. Il grande attore sorride alla camera levando un bicchierone di qualche alcool ; tutti in quelle e altre occasioni si devono immaginare riempiti a full di alcool da far scoppiare fegati e arterie ; accanto al grande attore una donna giovane senza segni ostentati di interventi chirurgici, molto più giovane del grande attore ma non una ragazzina. Sorride anzi ride come se fuori campo qualcuno in quell’istante le avesse lanciato un motto di spirito, ein Witz im Blitz. Indossa, la giovane, dei larghissimi pantaloni non si escluda di disegno italiano ; le dita dei piedi infilati in infradito piatte ne spuntano da sotto l’orlo e le unghie risultano verdi in tinta con il tono base dei pantaloni ; il flash non offusca la pelle della donna sia o no per natura morena.

Ed ecco, la doppiatrice nella saletta di doppiaggio. La si aggiusta rapida la cuffia in testa ; una voce le chiede se è pronta, che sì che è pronta, nel monitor parte l’anello. Stelline, numeri di conto alla rovescia, appare il volto di una ragazza che non è un attrice famosa e l’anello da doppiare è il primo della settima puntata di una serie turca, titolo e soggetto trascurabili, potrebbe essere la scelta o la sfida o anche, dritto al cuore, Çiçek

– No, no Ozan tu… tu fai a pezzi tutto ciò in cui credo… e adesso mi rinfacci di fare lo stesso con te… questo matrimonio… che cosa è per te non lo so più… perché tu… io ci ho messo molto a capire che tu avevi… una maschera… un travestimento… ah ecco il termine esatto… una mimetica…

La doppiatrice si leverà la cuffia dopo altri 5 anelli di 20 righe in un turno, tre ore. Al termine sa che avrà fatturato per 490 euro al lordo delle tasse e al netto dello sconto 20% praticato per cortesia.

Nel tram che la riporta a casa, per pura casualità in apparenza, la doppiatrice va a sedersi accanto a una donna di passati i settanta, capelli corti, mal pettinati., trascurati, forse non lavati di recente, ristrutturati non si direbbe. Se vuoi carpire di qualcuno la sua condizione nel mondo, osservagli i capelli e le scarpe, come e se sono curate, pulite o nel caso lucidate. È il primo giorno d’estate e si suda nel tram senza aria condizionata. La donna anziana porta a tracolla, cioè adagiata sul proprio fianco destro una borsa senza uno stile e senza età ; posata tra i piedi, cioè tra scarpe ortopediche nere con lacci di velcro e suola di gomma regge una sporta, detta shopper, di carta robusta, che potrebbe essere stata di un negozio di abbigliamento. Nella mano destra, l’anziana donna tiene un bastone nero con impugnatura ergonomica. A un certo punto del suo tragitto il tram rallenta per affrontare una curva, la supera, si ferma poco dopo ma poco prima, al rallentare del mezzo, la donna s’è già ritta in piedi, abbastanza salda sul bastone, e lenta si avvia alla porta di uscita. Il guidatore guarda nel monitor il tempo che occorre alla donna per scendere, uno scalino alla volta afferrandosi al mancorrente. In quella la sporta di carta, o shopper, sbandiera e alla doppiatrice in osservazione rivela un titolo in corsivo : Jasmine Boutique Moda.

Tutto qua.

Pasquale D'Ascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi di questa rivista  sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito

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