Autore: Eugenio De Signoribus
Data di pubbl.: 2022
Casa Editrice: Giometti & Antonello
Genere: Poesia
Pagine: 183
Prezzo: € 24,00
Eugenio De Signoribus (1947) è tra i più apprezzati poeti della sua generazione. Lavora e vive appartato, è uno sperimentatore che non dimentica la tradizione.
La sua poesia è una fitta trama complessa e strutturata composta con una lingua che taglia le parole.
De Signoribus è un poeta che ha uno spessore significativo. Il suo discorso è sempre vigile sull’andamento inquieto del tempo.
Nel 2008 Garzanti pubblica Poesie, un volume che dà conto della sua attività poetica dal 1976 al 2007.
Giometti & Antonello ripubblica Case perdute, un’edizione riveduta e accresciuta del libro che il poeta marchigiano dette alle stampe nel 1989 per i tipi de Il lavoro editoriale.
Come scrive Francesca Santucci nella nota al testo, questa edizione insatura un nuovo dialogo tra le forme nel tempo di Case perdute e porta alla luce materiali inediti o dispersi che restituiscono integrità e complessità alla ricerca espressiva di quegli anni.
«Il senso del libro – scrive Simona Morando nella postfazione – ruotano intorno alla perdita della casa che non è il solo centro dell’io poetante, il nido impossibile degli affetti, ma anche la casa comune, il Paese. La crudeltà che emanano i gesti e le immagini dicono del piombo di quegli anni, poi trasformatosi nel ferro di un’età perdurante».
La lingua di De Signoribus è sempre affilata, nessun gioco di parole nei tagli che il poeta esprime con uno sguardo disincantato sul ciarpane del mondo e delle cose.
Il poeta nega visioni e astrazioni, il suo dire è sempre sibillino e con il tono dell’invettiva squarta il reale per squarciare l’esistenza.
Quella di Case perdute è la poesia di un poeta di coscienza, attento e vigile che non concede nulla al reale e al suo disordine, usa le parole per inviare stilettate. Il rigore della forma poetica è alto e il poeta fa sentire l’indignazione della sua voce che scava nella carne malata di questi tempi assassinati dalla crisi di tutto.
Nella poesia di Eugenio De Signoribus «vacilla nel buio il nudo pensiero» e «il tempo non fa carezze / nelle brezze i suoi veleni».
«Case perdute –scrive Massimiliano Tortora nella nota finale al libro – oppone al «ciarpame» linguistico (e dunque culturale, politico e morale) una parola precisa che è capace di abbassarsi di registro quando intende svolgere una funzione mimetica e di denuncia, e che si ispessisce di figuralità quando invece esercita la sua forza oppositiva. E l’immagine più̀ evidente, che guida tutta la raccolta, è naturalmente quella della casa. È vero che si tratta di Case perdute, nelle quali ormai manca anche il «cesso» e forse anche la «carta igienica», ma di queste case si ha ancora memoria per poterle rimpiangere, e dunque riconquistare; o almeno tentare di farlo. È una sorta di Sehnsucht, di un luciferino barbaglio del passato – come diceva Lukács nella Teoria del romanzo – che spalanca le porte della nostalgia. E questa nostalgia – in un circolo tragico e virtuoso – spinge a ricercare il senso perduto».
Eugenio De Signoribus è un poeta che non rinuncia a una forma dolorosa del dire profondo. Lontano dalla retorica e dal manierismo la sua poesia ha inventato una lingua che non è mai accomodante con quel tutto da cui il poeta prende le distanze e con rigore e precisione ne racconta direttamente le derive e i deragliamenti.