Autore: Daniele Archibugi
Data di pubbl.: 2022
Casa Editrice: Fazi editore
Genere: saggistica
Pagine: 236
Prezzo: € 18,00
Nella notte fra il 14 e il 15 aprile del 1987 Federico Caffè, tra i più autorevoli economisti italiani, esce di casa e scompare nel nulla.
Di lui si sono perse le tracce. Riformista e attento sostenitore del Welfare, nei suoi scritti preconizzò tutti i drammi sociali della nostra economa in ritardo.
Accusò l’uso distorto di strumenti e tecniche finanziarie e mise in guardia la società del suo tempo dalle speculazioni azzardate del mercato e dalla perdita di regole ben definite, che avrebbero soltanto pregiudicato pericolosamente lo stato dell’economia, provocando in un futuro non molto lontano danni irreversibili alla crescita. Così è accaduto.
In perfetta solitudine e da autentico riformista, Federico Caffè sollevò la questione della dignità del lavoro anticipando di un ventennio il tema della precarietà occupazionale e dell’equità.
«Definire Federico Caffè un semplice economista – scrive Michelangelo Morelli – significa banalizzare molti aspetti che contribuiscono a renderlo uno dei personaggi più interessanti del Novecento repubblicano del nostro Paese. Alfiere del pensiero keynesiano e del welfare state, antifascista e attento osservatore della società italiana, Caffè è stato un intellettuale poliedrico ed enciclopedico, capace di ragionar d’economia cogliendo le implicazioni umane, sociali e culturali essenziali per la costruzione di una società fondata sul benessere degli individui».
Daniele Archibugi è stato un allievo di Federico Caffè, il padre Franco era uno dei più cari amici del grande economista.
Archibugi è stata la prima persona chiamata dal fratello di Caffè la mattina del 16 aprile 1987.
A trentacinque anni dalla scomparsa, uno dei suoi migliori allievi scrive un libro dedicato al Maestro.
Ed ecco Maestro delle mie brame. Alla ricerca di Federico Caffè, pagine sentite e appassionate, una testimonianza narrativa in cui l’autore ricostruisce l’unicità di Caffè, la sua umanità al servizio degli altri e della conoscenza, il suo onesto modo di mettere la sua intelligenza al servizio del bene comune e del Paese.
Non è un caso che il racconto di Daniele Archibugi inizia dalla scomparsa dell’economista. «Non ha seminato tracce e proprio per questo ha reso la sua scomparsa un mistero che dobbiamo accettare».
Caffè, che è stato uno dei più importanti economisti del XX secolo è stato il maestro di intere generazioni di economisti e politici (Mario Draghi, Ignazio Visco, Ezio Tarantelli, Giorgio Ruffolo, per citarne alcuni), decide di scomparire ma i suoi allievi non hanno mai smesso di cercarlo, orfani della sua ultima lezione.
Daniele Archibugi con il suo libro si mette in cerca del Maestro, lo racconta da vicino: «Se ho mai conosciuto un santo in vita mia, questo era Federico Caffè per il calore umano che sapeva trasmettere a tutti coloro che gli si avvicinavano, per la passione con cui sosteneva il bene comune, per come usava la propria intelligenza e risolutezza nel proteggere i deboli».
Ecco chi era per Daniele Archibugi il suo Maestro. Sono passati trentacinque anni da quando Federico Caffè è uscito di scena, in solitudine e con discrezione dalla vita e dal mondo culturale, ha lasciato i suoi allievi ma loro non hanno smesso mai di cercarlo e di sentirlo.
In un convegno in memoria di Federico Caffè, a venticinque anni dalla sua scomparsa misteriosa, che si è tenuto alla Sapienza nel 2012, Mario Draghi, il più illustre dei suoi allievi, ha giustamente detto : «che il messaggio che tutti noi portiamo dentro è che l’economia non è una scienza triste, ma una scienza che vuole coniugare benessere ed equità e che, nonostante i suoi errori, crede nel rigore del ragionamento, nell’osservazione spassionata della realtà accompagnata dalla comprensione dei fenomeni sociali».
Il resoconto di Archibugi è intimo, personale e toccante. L’autore cerca nelle pagine del suo libro Federico Caffè e lo ritrova insieme a se stesso. Per lui e per gli altri studenti il professor Caffè era l’immagine migliore dei loro anni universitari, un uomo unico che non poteva fare a meno dei suoi allievi e non ha mai smesso di dare credito alle loro speranze, incoraggiandoli non facendogli mai mancare una parola.
Federico Caffè, un grande italiano, un riformista coerente che in economia non ha rinunciato alle sue idee, un riformista che avvertiva la solitudine del suo pensiero (come scrive in un articolo su Il manifesto il 29 gennaio 1982).
Decise di consegnare la sua solitudine alla dissolvenza.
Questa è l’ultima lezione di Federico Caffè. Un uomo che scelse di eclissarsi non per fuggire o arrendersi, ma per sfidare la posterità. A futura memoria.
Oggi lo ritroviamo nelle bellissime pagine di Daniele Archibugi, ed è come se lui non se ne fosse mai andato.