Abbiamo intervistato Tito Faraci, scrittore. sceneggiatore e fumettista italiano. Autore di storie per la Disney, Lupo Alberto, Dylan Dog, ha anche scritto una sorta di racconto lungo, Nato Sette Volte, edito da Indiana Editore, in cui la passione per la musica si mescola a fatti di normale quotidianità. Sempre nel 2015 uscirà il suo primo vero romanzo edito da Feltrinelli.
Come nasce l’idea del libro?
Nato sette volte nasce dalla proposta di un vecchio amico, Matteo B. Bianchi, con il quale già ai tempi dell’università parlavo di musica, gruppi rock e fanzine. Non ho fatto altro che reinventare un passato, una storia che poteva essere realmente accaduta negli anni ’80, ma che in realtà non lo è.
La velocità di racconto è estremamente rapida, quasi un botta e risposta tra i diversi personaggi. Quanto l’esperienza e la carriera da fumettista hanno inciso nella scrittura?
Alla base di un fumetto c’è la sceneggiatura, che deve essere chiara, concisa e concreta. Scrivendo sceneggiature ci si abitua dunque ad una certa capacità di sintesi, quindi sicuramente l’influenza c’è stata e si sente in tutto il racconto. La vorrei definire come differenza tra lo scrivere e il descrivere.
Nella vita di ogni uomo e donna c’è sempre qualcosa di incompiuto in età adolescenziale, qualcosa a cui si resta legati, ma spesso resta chiusa in un cassetto per non aprire vecchie ferite. Sei d’accordo con questa affermazione?
Ho una personale teoria psico-analitica: “se una persona non ha fatto certe cose nell’età “giusta”, prima o poi sentirà il bisogno ed il desiderio di farle”. Ed è qui che nascono i veri problemi, perché non è cambiata solo la persona, ma anche tutto il contesto in cui essa è inserita.
Quando i sogni di ragazzo svaniscono, per trasformarsi in fatti reali di normale vita quotidiana? Chi è il vero artefice: l’adolescente ormai adulto o il genitore che vuole vedere il figlio realizzato?
Credo che ogni adolescente provi quella sensazione che qualcosa nel profondo non riuscirà mai a farla. C’è chi pensa di scrivere fumetti e chi poi diventerà un fumettista, per esempio. Tutto sta nel come ci si approccia al pensiero che “le cose appartengono ad un mondo surreale”. Una grossa attenzione va tuttavia fatta all’ambiente in cui si vive: Milano nel racconto funge da catalizzatore di sogni; in un’altra realtà tutto questo non sarebbe funzionato.
L’amore è la forza più grande in natura che muove tutte le cose. Le donne su questo però sono sempre un passo avanti rispetto agli uomini e il Luca del racconto ne è la conferma. Quanto di te c’è in tutto questo?
L’amore adolescenziale più che un ricordo è amore vissuto in un passato che ci appartiene. In questo racconto c’è qualcosa di me, ma non tutto. Ho voluto creare un personaggio fatto di varie persone.
Perché nell’immaginario comune ormai il quarantenne viene visto divorziato, frustrato e affetto da sindrome di Peter Pan?
Perché è cosi! Come l’adolescenza, anche l’età del quarantenne arriva prima di qualcosa di importante e crea disagio. Il quarantenne sa che a breve verrà considerato “persona di mezza età” e fa fatica ad accettarlo; non solo vuole fermarsi, ma vuole addirittura tornare indietro. Attenzione che “remare contro il tempo, provoca incidenti”.
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