A tu per tu con…la Banda Osiris

La Banda Osiris è unica: i quattro musicisti sanno unire capacità tecnica e verve comica e stanno girando l’Italia con uno spettacolo che mette in scena la difficile vita del musicista. “Le dolenti note” è  anche un libro edito da Ponte alle Grazie, che sin dal titolo gioca sui significati metaforici, intessuto  dell’ironia dei noti musicisti.

Non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di un’intervista “semiseria” con Carlo Macrì, cercando di approfondire il difficile rapporto degli italiani con la musica e scacciando il pessimismo con qualche risata.

 Come è nata l’idea di questo libro?

L’intento era di raccontare una serie di cose che ci  sono capitate in trentacinque anni di attività. Per esempio c’è tutto un capitolo sulle sfortune: alcune sono eccessive, ma altre vere. Per citarne un paio: durante una tournée a Mosca c’è stato un colpo di stato, oppure mentre tenevamo uno spettacolo per il comune di Roma ci hanno arrestati perché i vigili urbani non erano stati avvisati della nostra presenza.

Non ci consideriamo musicisti, ma siamo autodidatti e abbiamo imparato il mestiere facendo musica in strada. Lì ci sono regole molto rigide, che si devono mettere in pratica subito. La gente non viene per vederti, ma si ferma solo se sei interessante così devi fare in modo che si blocchi lì davanti a te. Devi giocare sul ritmo, sulla sorpresa,  se no il pubblico è invogliato ad andarsene. Mai fare un pezzo che duri quattro minuti, ma sempre brevi spezzoni e poi soprattutto metterci tanta energia: più ne dai e più ne ricevi!

Un altro aspetto che ci interessava era il discorso sugli strumenti: io suono il bassotuba e mi diverto a chiedere al pubblico come si chiama. Purtroppo pochissimi lo sanno e ti assicuro che per uno che ha studiato per vent’anni quello strumento è un po’ deprimente!

In effetti è difficile trovare qualcuno che abbia il desiderio di suonare il bassotuba, almeno da piccolo.

E direi che anche crescendo le cose non migliorano: prova a fare la serenata ad una ragazza con il bassotuba! (ride)

Quanto è importante saper scherzare su questi temi?

Moltissimo! In questo libro abbiamo portato all’esasperazione in modo ironico un po’ di verità che ci portiamo dentro. Crediamo che l’ironia sia fondamentale, purtroppo però il novantanove per cento dei musicisti ne è privo, ha troppa considerazione di sé ed è troppo immedesimato nel ruolo. E’ fondamentale non prendersi troppo sul serio!

Leggendo molti degli  episodi paradossali che raccontate nel libro sembra che nella vita ci accada esattamente l’opposto di quello che pensiamo. Allora è meglio non pensare?

No, per carità bisogna pensare ma… pensare al contrario, che è molto difficile! (ride).

In realtà secondo noi occorre avere l’aspirazione a fare qualcosa, ma anche tenere conto che ci sono delle difficoltà, quindi essere realisti. Il sunto conclusivo del nostro libro è un’esortazione: non fate i musicisti!

Ovviamente è portata all’eccesso, ma siamo partiti dalla considerazione che le nuove generazioni vedono il cantante rock o la “Lady Gaga” di turno osannati da miriadi di fans che urlano. Spesso non si rendono conto che per arrivare a quel genere di successo si mettono in moto meccanismi che non sono solo legati alla bravura,  ma ad una serie di fattori tra cui i più rilevanti risultano la fortuna e la “paraculaggine”.

Poi sinceramente avendo noi una certa età vorremmo evitare troppa concorrenza dai giovani, quindi cerchiamo di far di tutto per scoraggiarli!

Veniamo alle grandi soddisfazioni economiche del musicista. Diciamo che ve la cercate perché abbinate a questo mestiere quello di scrittori, che non è molto più remunerativo. Che ne dite, è più facile finire sotto i ponti come musicisti o come scrittori?

Sotto i ponti c’è una gran bella compagnia di entrambe le arti! Sono mestieri difficili perché ci si rivolge ad un pubblico alto. Nella musica hai la possibilità del pop, nella scrittura neanche quello.

A questo proposito c’è il capitolo su economia e musica, curato dal commercialista.

Sì, perché è un argomento difficile, con calcoli molto complessi…(ride). Se hai un minimo di successo e guadagni cinquanta euro a sera facendo parte di un complesso ci impieghi più di sette anni per comprarti una macchina. Se fai l’apprendista idraulico ci impieghi nove mesi. Fare il musicista può dare altre soddisfazioni, ma anche lui quando passa e ti vede all’angolo della strada può divertirsi…

Quando ho iniziato io era un po’ più facile, ma adesso che c’è davvero molta offerta la concorrenza è enorme. Ti capita di lavorare gratis o addirittura di pagare per andare a suonare: succede anche a Milano.

Nel testo c’è anche un quiz sulla conoscenza della musica, da cui si comprende che in  Italia siamo messi male…

Una constatazione molto amara è che l’importanza della musica nell’educazione è ridotta ai minimi termini.

Infatti abbiamo scritto un capitolo in cui cerchiamo di dissuadere un bambino dal fare musica ed apprezzare la musica, visto come stanno le cose…

Con la scuola c’è un rapporto molto difficile: spesso la musica viene considerata una materia per fare passare il tempo con qualcosa di meno difficoltoso rispetto a discipline più difficili. E’ sconfortante se si fa un paragone alle scuole nei paesi dell’est, dove tutti suonano uno strumento.

Da noi già alle primarie, cioè nel momento in cui si avvicina con interesse a vari argomenti, tutto si riduce se va bene all’insegnamento del flauto dolce. E’ chiaro che ci deve essere un riscontro tra teoria e pratica, ma ciò è deleterio perché si tratta di uno strumento difficile da far suonare per di più all’unisono. Ovviamente ci sono anche bravissimi insegnanti, ma non basta…

Peccato perché la musica è un mezzo straordinario di percezione della realtà.

Non vorrei dire cose banali, ma la musica è un veicolo di fantasia attraverso il quale vedi ciò che non è realtà, ma ti aiuta a conoscerla.

Puoi dare messaggi, immaginare mondi, credere di poter fare qualsiasi cosa. Esprimi sentimenti profondi, non solo col testo ma anche con le note. A me piace considerarlo un veicolo di fantasia rivoluzionaria e di sentimento  che  ti fa  vivere il momento e al tempo stesso andare al di là comprendendo il perché di ciò che ti accade.

Milanese di nascita, ha vissuto nel Varesotto per poi trasferirsi a Domodossola. Insegnante di lettura e scrittura non smette mai di studiare i classici, ma ama farsi sorprendere da libri e autori sempre nuovi.

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