Il presidente dell’Associazione Italiana Editori Marco Polillo, proprietario dell’omonima casa editrice, si trovava a Stresa (VB), al celebre Gigi Bar per presentare il suo giallo “Villa Tre Pini” edito da Rizzoli . Noi ne abbiamo approfittato per fargli alcune domande sulla difficile situazione del mondo dell’editoria.
Come presidente dell’AIE, quali sono secondo lei le sfide che deve affrontare l’editoria italiana di oggi?
In Italia le sfide sono tante e sono molto complicate. Innanzitutto c’è il grave problema del crollo verticale del mercato negli ultimi mesi. L’anno scorso è stato perso intorno al 3,5 per cento, adesso siamo al 10-11 per cento . E’ una caduta a ruota libera e non mi sembra che ci siano in questo momento dei segnali di ripresa. Il dato sintomatico è che in agosto le vendite sono state basse. Si spera nel Natale, perché altrimenti nel mercato editoriale si creeranno dei grossi danni dal punto di vista economico. L’altra sfida è quella di capire come si svilupperà questo mondo legato al digitale: oggi come oggi gli e-book vendono pochissimo, poco più dell’1 per cento del fatturato complessivo, però è chiaro che il domani va in quella direzione. I giovani nativi digitali sono quelli che preferiscono “smanettare” su smartphone o tablet piuttosto che prendere in mano un libro.
Quali sono i rischi di un’editoria sempre più digitale?
Il digitale ha il problema di essere facilmente duplicabile: chiunque può andare su internet e scaricare contenuti, come fa per la musica, per i film, per i quotidiani. E’ qualcosa che non viene nemmeno percepito come contrario alla legge, anzi si ritiene quasi un diritto recuperare questi dati gratuitamente. Tutto ciò è pericolosissimo perché da un lato gli editori, dato che non vedono riconosciuti i loro sforzi economici, smettono di investire in questo campo e dall’altro gli autori smettono di scrivere. D’altro canto perché si dovrebbe scrivere se la gente legge senza pagare?Da ultimo, ed è forse l’aspetto più preoccupante, c’è un atteggiamento abbastanza vago da parte dei governi che, spaventati da un lato dalle manifestazioni del popolo della rete e dall’altro spinti alla necessità di cavalcare l’onda digitale che presenta una serie di risparmi, per esempio nel campo dell’amministrazione, tendono a guardare con una certa rilassatezza il problema. Questo rischia di lasciare parecchie vittime sul terreno e soprattutto crea un impoverimento culturale. Quello che spesso infatti ci si dimentica di riconoscere è che gli editori non hanno soltanto una funzione di diffusione e di stampa, ma anche di selezione, scelta, miglioramento, presentazione qualitativa.
Di fronte a questi problemi l’editoria fa fatica a difendersi. La musica ad esempio ha perso il 60 per cento del fatturato in pochi anni, ma almeno può contare sugli spettacoli dal vivo, cosa che gli autori non possono fare.
In questo quadro come mai dedicare nella sua casa editrice delle collana ai gialli, genere già molto diffuso e praticato ai nostri giorni?
Mio padre era un dirigente della Mondadori, di conseguenza portava a casa ogni settimana tutte le copie del gialli: fu così che da ragazzo iniziai a leggerli. Ci sono differenti generi letterari nell’ambito genere poliziesco, ma io prediligo il giallo ad enigma così quando ho deciso di pubblicare, l’ho fatto seguendo i miei gusti personali.
Ho due collane di gialli: una che pubblica hard boiled, i Mastini, e l’altra, i Bassotti che invece è dedicata ai gialli classici d’investigazione. Questi ultimi vanno bene perché è un genere meno frequentato dagli scrittori di oggi. C’è una produzione copiosa di storie d’azione, violente e macabre, che arriva anche dai programmi televisivi. Per quanto riguarda le storie ad enigma, magari d’ambientazione inglese, peraltro amate da molti lettori italiani, c’è invece ben poca produzione. A queste io mi sono particolarmente dedicato, anche con i libri che scrivo.