
Autore: Abate Francesco
Casa Editrice: Einaudi editore
Genere: Romanzo
Pagine: 222
Prezzo: 17.50 €
Quante volte, prendendo il pullman, vi fermate ad osservare i volti dei passeggeri che siedono accanto a voi? Sicuramente, anche senza farlo apposta, incontrerete gli sguardi di qualcuno di loro. Pensate a quei passeggeri che scelgono di viaggiare sul fondo, soli e silenziosi. Ecco, il protagonista dell’ultimo romanzo di Francesco Abate è uno di loro: un uomo solitario che viaggia per Roma seduto sull’autobus, silenzioso osservatore di ciò che lo circonda. Il suo nome è Peppino, è un tipo grasso e un po’ tonto, viene dalla Sardegna e, alla soglia dei quarantanni, non ha ancora trovato il suo posto nel mondo: “Io sono un intruso in questa città […] Lo so, mentre cammino e guardo quelle finestre, che non ho una vita” (pag. 134).
Per campare, Peppino si occupa di consegne a domicilio per conto del losco zio Mino. Ha un unico amico, Wahid, che spesso lo protegge e cerca di tenerlo lontano dai guai, in cui, fin da bambino, si è sempre trovato. Condannato da un destino crudele ad essere vittima di scherno, soprusi e abbandoni, Peppino è schiavo dei fantasmi del suo passato e, tormentato dai ricordi, non sembra avere la forza di cercare il riscatto. L’unica cosa che fa è ripercorrere mentalmente la sua storia mentre viaggia sugli autobus, tra una consegna e l’altra. Lo fa parlando tra sé e sé ed invita i lettori ad accompagnarlo in questo viaggio, a ritroso nel tempo, fatto di aneddoti e scorci di vita passata, ma mai del tutto dimenticata. Di questa vecchia vita è simbolo Marisa, la misteriosa musa a cui Peppino rivolge ogni pensiero, lo scoglio che tiene Peppino ancorato al passato. Riuscirà il nostro goffo antieroe ad affrontare i suoi demoni interiori e a prendere, una volta per tutte, il coraggio di vivere davvero?
Francesco Abate dedica questo romanzo a tutte quelle persone che dalla vita hanno avuto più dispiaceri che soddisfazioni, che hanno ricevuto più odio che amore, che si sono sentite più rifiutate che accettate.
I personaggi che animano il racconto fanno parte di un universo che troppo spesso, per convenienza, la buona società considera estraneo. E’ l’universo dei disadattati, degli immigrati, degli spacciatori clandestini … persone che, prima di essere etichettate per la loro condizione, dovrebbero essere innanzitutto considerate per la loro umanità. Questo è ciò che mette in luce Abate in Un posto anche per me, un libro che, con una sincerità disarmante, racconta il dramma di tutta quella gente che dalla vita non ha avuto quasi niente, ma che potrebbe, e dovrebbe, aspirare a molto di più e combattere per ottenerlo.