TITOLANDO di Eleonora Saia

FELICIE incontrò MAIGRET durante una vacanza che stava trascorrendo in Italia. Si incontrarono proprio SOTTO IL SOLE DELLA TOSCANA, e il loro fu un incontro a dir poco folgorante per il commissario, che era stato invitato a Cortona da un suo vecchio amico.
Maigret era tranquillamente seduto fuori da un piccolo bar lungo il corso principale della cittadina, e stava sorseggiando una piacevolissima birra fresca. La signora Maigret stava riposando dopo la passeggiata che avevano fatto insieme a Lucien, il loro ospite. Con la sua pipa e la birra, Maigret guardava il tranquillo e colorato viavai della gente: i turisti giapponesi con le loro macchine fotografiche perennemente in cerca di qualsiasi cosa da immortalare, gli inglesi dalle gambe bianche sotto i loro shorts da esploratori, gli italiani che urlavano nei loro cellulari mentre correvano chissà dove e chissà da chi… All’improvviso, un ticchettio melodioso: una giovane donna, alta, con lunghi capelli castani e un vistoso ma elegante vestito rosso, avanzava con grazia sulle sue décolleté a tacco
alto, sotto gli occhi ammirati di un paio di camerieri che stavano riordinando un tavolino fuori da un ristorante. La ragazza stava parlando al cellulare, e quando giunse davanti a Maigret, che la seguiva con gli occhi da quando l’aveva scorta tra i passanti, il commissario sentì che parlava francese. Avanzò ancora di pochi passi e, appena oltrepassata la sedia che ospitava Maigret, si fermò, tenendo in equilibrio sulla spalla il cellulare e cercando contemporaneamente qualcosa nella pochette che portava con sè. Trovato ciò che cercava (dava ormai le spalle all’osservatore), si rimise in cammino. Improvvisamente, un piccolo rettangolo bianco iniziò a cadere, scivolando fuori dalla piccola borsetta che la ragazza stringeva nella mano destra. Maigret, che non aveva abbandonato con gli occhi la bella compatriota (ne era sicuro, l’accento era proprio francese, probabilmente di Parigi), si alzò di scatto e raccolse il piccolo pezzo di carta che era caduto a terra. “MONSIEUR LADOUCETTE E IL CLUB DEI CUORI SOLITARI” – così recitava il biglietto da visita che stringeva ora tra le mani. Seguivano un indirizzo di Montmartre e un numero di telefono. Un club dei cuori solitari? Cosa poteva mai averci a che fare una ragazza come quella?
“Mademoiselle!” – chiamò Maigret. La ragazza si voltò di scatto, sorpresa. Il distinto signore stringeva in una mano una pipa, e nell’altra un biglietto da visita. Quando la ebbe raggiunta, le porse il cartoncino sorridendo e osservandola incuriosito. “Oh, merci, Monsieur!” – esclamò la giovane, e quasi gli strappò di mano il biglietto. Corse letteralmente via da lui, senza un sorriso, senza una parola in più. Nei suoi occhi, Maigret aveva notato un lampo di paura e di smarrimento. Maigret tornò a sedersi davanti alla sua birra, chiedendosi cosa facesse nella vita quella bella ragazza francese e perchè fosse proprio a Cortona. E il club? Che bizzarria! Un cameriere che stava sparecchiando il tavolino accanto gli chiese del suo soggiorno e iniziarono poi a parlare della Francia e del suo lavoro a Parigi. All’improvviso, un grido catturò l’attenzione e il movimento che c’era nel corso si paralizzò. Un nuovo grido fece alzare Maigret che si affrettò subito verso la piazza. “Aiuto, aiuto!” – una donna stava di nuovo urlando subito sulla destra del commissario, proprio sotto la loggia che dava sulla piazza. E lì, distesa a faccia in su, la giovane francese in rosso. Nella mano destra stringeva ancora la sua pochette rossa. Sulla tempia sinistra, sangue. Maigret si avvicinò e capì subito che qualcuno aveva ucciso la ragazza con un colpo di pistola.
Nel frattempo, qualcuno aveva chiamato la polizia e due agenti erano già arrivati. Maigret si avvicinò e – nel suo mediocre italiano – cercò di spiegare loro i pochi
fatti che lo legavano in qualche modo alla ragazza. Uno dei due agenti aprì la borsetta della ragazza davanti a lui. Nel portafoglio, due banconote da cento euro, una carta di credito intestata a Félicie Lepont, poche monete, una vecchia fotografia in bianco e nero di un giovane in divisa e il documento d’identità della
ragazza, che confermò il suo nome ai tre uomini che ora le stavano accanto. 42, rue Richard Lenoir – Parigi. Sul documento di identità della ragazza compariva come indirizzo la stessa via in cui viveva Maigret a Parigi.
“Voilà, ecco fatto”. Maigret era arrivato in Toscana per rilassarsi, per staccare la spina dai furti, dalle rapine e dai delitti di Parigi. E Parigi lo seguiva sulle dolci colline toscane. Colline che ora erano diventate DOLCI COLLINE DI SANGUE.

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