La comunicazione sul web, con i nuovi strumenti digitali a disposizione (o il nuovo utilizzo di quelli ‘vecchi’), ha influenzato moltissimo anche il giornalismo. Ieri , 16 maggio, presso lo spazio Book to the future si è discusso anche di questo all’incontro Giornalismo digitale: la migrazione inevitabile dalla carta al web. Sono oramai diverse le realtà dell’informazione nate dal web che attraggono lettori, lo ha spiegato Luca Rolandi, giornalista de La Stampa e ricercatore torinese: “Con l’avvento di internet nell’informazione, inizialmente si pensava fosse un luogo dove replicare i contenuti del cartaceo, invece oggi, nelle redazioni, si producono diversi giornali contemporaneamente, ad esempio quello per la carta e quello per il web”. Il digitale è un modo diverso di comunicare e ha un ruolo fondamentale nella crisi attuale, generale e di settore. Le notizie, spiega ancora Rolandi, “non sono più ritagli di agenzia, ma chiedono approfondimenti e qualità”. Che sia questa la strada per fermare l’emorragia di lettori?
Paolo Piacenza, giornalista di Radio24 che insegna al master in giornalismo di Torino, ha approfondito il discorso portando a esempio il giornalismo economico: «Il Financial Times – ha spiegato – ha da poco approvato la strategia “digital first”, significa che anche i grandi giornali puntano sul digitale come risorsa primaria. Il giornalismo economico sembra poi subire un’influenza particolarmente positiva, basti pensare che Il Sole 24 Ore risulta al momento il quotidiano italiano più consultato nella sua versione digitale”. Il fulcro dell’attenzione suscitata da un giornale – o da un giornalista – sta nella sua credibilità, che online, soprattutto con la grande diffusione dei social network, è costantemente messa alla prova, magari con una bella ricerca. “Il data journalism – continua ancora Piacenza – riserva poi delle enormi risorse per il giornalismo, perché online esistono moltissimi dati pubblici che aspettano soltanto di essere esaminati”.
D’accordo anche Davide Mazzocco, giornalista di Quotidiano Piemontese, giornale “nativo digitale”, che ha aggiunto: “Le possibilità del web possono essere ben sfruttate anche tramite il crowdfunding. Alcuni giornalisti hanno riscosso un discreto successo proponendo temi da affrontare e chiedendo ai lettori di finanziarli“. Mazzocco indica una differenza tra i giornali nati direttamente sul web e quelli che dal cartaceo si sono spostati online: “Una ricerca del 2012 ha dimostrato come i “nativi digitali” raggiungano il 20% di condivisione dei propri contenuti sui social network, mentre gli altri stanno tra il 2 e il 4%. Una delle ragioni è probabilmente la mancanza della possibilità di commentare da parte degli utenti sulle testate cartacee spostatesi online, questa condizione è vista come una chiusura comunicativa”. Le interazioni, ancora una volta, sono fondamentali anche per l’informazione, che troppo spesso pensa di trovarsi in un mondo a parte – privilegiato – rispetto a tutti gli altri.