
Data di pubbl.: 2024
Pagine: 133
Prezzo: € 16,00
Franz Kafka ha scritto sulla condizione umana ciò che nessuna riflessione sociologica e politologica forse potrà mai dire.
Il termine attuale “Kafkianità” appare come il solo denominatore comune di situazioni (sia letterali, sia reali) che nessun’altra parola permetta di cogliere nella sua essenza. Nella kafkianità la cosa più geniale è che si trovano condensate tutte le contraddizioni, tutte le incertezze, tutte le miserie morali del nostro tempo.
L’universo di Kafka è quello di uno scrittore attuale che ha anticipato la negatività della nostra contemporaneità. La kafkianità è il modo di essere con il quale siamo tutti costretti a fare i conti.
Kafka si comprende meglio quando si conoscono l’ambiente familiare, la sua vita quotidiana piena di contraddizioni, la sua esasperata esistenza di studente e di impiegato, i suoi difficili amori e i suoi ripetuti fidanzamenti, che non hanno mai avuto conclusioni felici, le malattie del corpo e dei suoi nervi fragili, le poche amicizie della sua vita trascorsa nel raccoglimento e quasi nella fuga da tutto ciò che è ufficiale e pubblico.
In un testo uscito sulla Lettura del 17 gennaio del 1946 Fortini scrive: «Kafka non è né romanziere né poeta che possa diventare popolare. Quel che passa in proverbio di lui è lo schema letterario o la barzelletta. Kafka è un maestro di verità e di vita, di quelli che non consolano, ma incitano come spine nella carne».
Al Kafka scrittore va riconosciuto il merito profetico di aver lucidamente anticipato il tema attuale della negatività del nostro tempo, di aver raccontato meglio di chiunque altro la progressiva concentrazione del potere che tende a divinizzare se stesso, la burocratizzazione dell’attività sociale che trasforma le istituzioni in labirinti interminabili.
Kafka come pochi è riuscito a interpretare con tutte le sue condizioni assurde la miseria umana.
In Capoversi su Kafka, pubblicato su Il Politecnico nel 0ttobre del 1947 Fortini scrive: «Egli ha scritto per dei lettori, malgrado la sua ripugnanza alla pubblicazione; e il suo ordine testamentario. Anche la scrittura del diario tende al definitivo di una espressione compiuta. Kafka amava leggere i propri racconti ad una cerchia di familiari o di amici, Ha partecipato della medesima situazione ambivalente, verso il pubblico della sua società, che è degli scrittori della cosiddetta crisi borghese, che non dà segno di finire e alle quale apparteniamo per forza di congegni economici; e per impossibilità di saltare sulle nostre spalle».
Mauro Covacich nel centenario della scomparsa dello scrittore praghese scrive un libro prezioso.
In Kafka Covacich mostra il suo grande amore per l’autore de Il processo. Con una scrittura evocativa ricca di suggestioni, emozioni e soprattutto di ammirazione conduce il lettore nella testa e nel cuore di Franz.
Nelle pagine dello scrittore triestino ritroviamo tutto il mondo interiore e inquieto di Kafka, la sua scrittura legata imprescindibilmente alla vita, i suoi demoni sempre sospesi tra l’assurdo e l’immaginario, i suoi labirinti in cui ci perdiamo.
«Kafka non crea un mondo incomprensibile, al contrario è l’incomprensibilità del mondo a rivelarsi nei libri di Kafka. Il mondo non risulta comprensibile, almeno ai nostri occhi. La lotta contro la sua incomprensibilità sarà sempre impari, solo assecondandolo ne verremo a capo. Visto bene, da vicino, tenendo coraggiosamente gli occhi aperti, il mondo non può che essere kafkiano. Il mondo o è kafkiano o non è».
Con queste parole Covacich nella sua indagine letteraria ci mostra la vera essenza della scrittura e del pensiero di Franz Kafka, un uomo che si sente solo, di una solitudine che non porta castighi, e sceglie di fare la letteratura la sua lotta per la sopravvivenza.
Quella letteratura che è utile solo se serve a dirci come stanno davvero le cose, che è bella solo se ti dice qualcosa che non vogliamo sentire, qualcosa che avremmo preferito non sentire mai.
Perché, osserva Covacich, «un libro è bello se ti spinge dove fa più male» Perché, scrive Kafka, «un libro deve essere l’ascia per il mare ghiacciato dentro di noi».