Data di pubbl.: 2024
Pagine: 112
Prezzo: 12 €
Grazie a libri come “Niriana o del silenzio” è possibile comprendere quanto ancora la parola sia capace di attraversare mondi inesplorati, figli di un pensiero che vuole abbracciare la totalità pur riconoscendo quanto sia impossibile questa impresa.
Giuseppe Bella chiama a rapporto autori come Borges e Landolfi, amalgamandoli in uno stile in cui ogni frase è “uno spazio aperto” che mette in mostra l’incompiuto e la potenza del divenire. Trasportati in una realtà onirica e metafisica, i personaggi di questi cinque racconti fanno i conti con l’assurdo.
L’autore siciliano parte da scenari semplici, quotidiani, potremmo dire domestici, che si dissolvono lentamente in un miscuglio di frammenti che provengono da ricordi, sensazioni e paradossi. Tutti raccontano in prima persona, pertanto noi lettori diventiamo sorveglianti; ciascuno dei personaggi ci introduce nel suo labirinto personale, modificato da forze umanamente ingovernabili ma invocate coscientemente.
L’ostinazione di ognuno nel perseguire il proprio ragionamento, così come la costruzione della realtà, è il tema che guida l’intera raccolta. Il silenzio davanti a ciò che non può essere spiegato, compreso, assimilato, non è né rassegnazione né pigrizia, semplicemente è riconoscimento del proprio “spaesamento”.
Si parla di amore, di ossessioni, di morte, di vita rinnovata, di mutamenti e di tormenti. Bella è uno scrittore imprevedibile: parte da uno status di apparente inerzia e ci mostra come tutti siamo “condannati” a muoverci, perché ciò che ci sta intorno non arresterà mai la sua marcia, piuttosto ci travolge.
L’eterno divenire è quindi la realtà, il resto è solo teoria, puro gioco della mente, riflessione che ha solo il compito di mettere in luce “la perplessità” e il limite della specie umana. Da ex psicoterapeuta, Bella sa come giocare con il rimosso, sa come investire ogni oggetto di potenze subordinate alla nostra intenzionalità.
Il corpus narrativo è chiaro e lineare e, nonostante il linguaggio raffinato, Bella non intontisce il lettore con digressioni, ma lo ipnotizza pagina dopo pagina portandolo per mano, fino ad abbandonarlo di fronte a una conclusione che non è mai definitiva.
In “Niriana o del silenzio” traspare il grande amore che l’autore nutre verso l’arte. Ecco, anche in questo caso, non chiediamoci cosa sia l’arte, almeno in presenza di questo libro, perché l’uomo deve rendere conto solo al suo spirito di ciò che produce.