Oggi è già domani- Jarett Kobek

Titolo: Oggi è già domani
Autore: jarett kobek
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Fazi editore
Genere: Romanzo sociale
Traduttore: Enrica Budetta
Pagine: 582
Prezzo: 18

New York 1986. Un autobus proveniente dal Wisconsin sta arrivando alla stazione di Grand Central nella Grande Mela. A bordo si trova un ragazzo che come tanti altri vuole mettersi alla prova e trovare il suo posto nel mondo. E quale potrebbe essere il posto migliore per mettere alla prova le proprie forze se non nella metropoli più complessa e caotica del pianeta? I soldi sono pochissimi e lui non ha un tetto dove stare ma solo una vecchia conoscenza che risiede ad Alphabet Village, un quartiere degradato dove, in alcune case occupate, vivono ammassati tossici in cerca di soldi per una dose, senza tetto in cerca di riparo e punk in lotta contro la società. Le disavventure per il giovane protagonista sono molte, la vita è molto diversa da come era abituato nel Wisconsin. Ma a salvarlo dalle sue disgrazie c’è una ragazza conosciuta quasi per caso in una di quelle catapecchie rovinose, Adeline.  Lei viene dalla California, uno degli stati della costa Ovest  e ha un complicatissimo rapporto con la madre, una giovane vedova ormai consumata da una forte depressione e dall’alcolismo.

Baby, è questo il nome che il giovane protagonista si affibbia, e Adeline iniziano un forte sodalizio quando lui riesce a “salvarla” dalle grinfie dell’ex fidanzato tossico e lei decide di dargli un riparo nella sua camerata universitaria dove studia per poter diventare un’artista.

Da quel momento in poi sarà un continuo susseguirsi di avventure, incontri, sperimentazioni in ogni campo della vita fino ad arrivare al 1996.

È la prima volte che leggo un romanzo di Jarrett Kobek ed è stata una esperienza molto particolare per me. A differenza di molti altri romanzi che ho avuto la possibilità di recensire in questi mesi (e devo essere sincero, molte erano davvero delle chicche) la lettura di Kobek mi ha lasciato una sensazione di straniamento addosso che difficilmente mi riesco a spiegare. La storia, vissuta ora concentrandosi su Adeline ora su Baby (ma senza mai passare alla narrazione in prima persona) permette di capire e di esplorare i sentimenti e le emozioni di entrambi i personaggi dandoci una lettura “completa” della situazione. Anche lo stile narrativo, molto tranquillo e privo di climax in crescendo, risulta abbastanza scorrevole e lineare consentendo di avere una lettura gradevole e uniforme. Eppure sento che questo libro ha qualcosa di inafferrabile e di etereo. Una sorta di malinconia in sordina che permea ogni pagina e ogni gesto dei protagonisti assieme al rimpianto e alla disillusione. In alcuni momenti, leggere Kobek mi è sembrato come rileggere Kerouac con il suo mondo spietato fatto di droghe, alcool, vita dura e delusioni.

Io gli anni Ottanta non me li ricordo molto bene. Ero troppo piccolo e non avevo la minima consapevolezza di quello che succedeva attorno a me, figuriamoci se potevo immaginare il mondo complesso in cui mi stavo per affacciare. Eppure gli anni Ottanta, di cui ho sempre sentito parlare male perché “decennio del decadimento” erano quelli in cui la comunità omosessuale cominciava ad ottenere i primi riconoscimenti civili, in cui i grandi conflitti ideologici si andavano trasformando e dove l’epoca dell’apertura della mente e delle porte della percezione” inaugurata dalla stagione dell’Amore libero, andava a morire sotto lo spauracchio ormai crescente del morbo dell’HIV. Certo, non uno dei decenni migliori in cui diventare adulti forse e di questo mi sembra che lo stesso Kobek sia d’accordo, ma un momento storico delicato che ha portato con sé anche molti ricordi. Decisamente interessanti i cameo e le citazioni di grandi personaggi letterari contemporanei, alcuni addirittura a me sconosciuti, che mi hanno permesso di rivivere quello scorcio di anni 80 che nei film difficilmente potresti vedere.

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Gabriele Scandolaro

Mi chiamo Gabriele e sono un lettore. Ho iniziato a leggere quando ero molto piccolo, complice una nonna molto speciale che invece delle classiche favole riempiva le mie giornate raccontandomi i capolavori teatrali di Shakespeare e di Manzoni. Erano talmente avvincenti le sue narrazioni che, appena mi è stato possibile, ho iniziato a leggere per conto mio. Ma terminato il mio primo libro ne ho iniziato subito un altro. Poi un altro. Da allora non riesco più a smettere di leggere. Quando non leggo o studio, lavoro come Educatore e suono il violino.

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