L’ElzeMìro – Secondo idillio fiorentino

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                                                            In memoria di L. e A.G.C.S. illustrissimi fiorentini

Sul ponte di Santa Trìnita (1571) oggi, in qualunque stagione, e a tutte l’ore strisciano torme di ciabatte, ma un tempo e in agosto fino alle quattro o alle cinque nessuno passava che non avesse dovere o piacere di restare fulminato dal caldo o la necessità di suicidarsi. In un’estate lontanissima un tale si buttò da quel ponte in Arno; dal parapetto, ad osservarlo annaspare tra le acque lente, si sporse allora un ometto di non poca età, decoroso nell’abito ma dal portamento svelto di chi ha posseduto e conserva reso serio dalla contiguità con la grande visitatrice, un animo tuttavia vispo e acuto; poteva sembrare infatti che l’ometto ricordasse perplesso senza enunciarla, La butti il capo sotto, la butti il capo sotto, facezia di ignoto, da considerarsi antica e forse falsa, intesa a facilitare l’atto ai sorpresi, agli spaventati, dei pentiti al primo sorso d’acqua. Poco dopo, l’anziano assistette al tuffo sconsiderato di uno di quei mattatori scritturati da qualche loro provvidenza pel ruolo di redentori che, nella convinzione sia la miseria di sempre, sempre preferibile a quella di un istante, ai sottopagati comprimari dell’esistenza rubano la scena, per il gusto tutto loro di rubargliela; così il tale fu salvato dalle acque. Arrivò poi la polizia, arrivò l’ambulanza della Misercordiaª e l’uomo nonostante la stagione fu avvoltolato in una coperta bigia. L’anziano non accennò, non fece, non disse nulla, ma scambiò un’occhiata con colui e parve d’intesa. Un lettighiere nel suo tradizionale saio nero, cercando di asciugare il meschino, gli parlava e parlava ma quello indifferente, La rincorsa la rincorsa sono stanco, ripeteva. Il ponte aveva preso a popolarsi; passavano forestieri da’ polpacci nudi e rosellìti, bien élevées giovanotte calzate di guanti e capresi, due ragazzetti, rasato a zero il minore, l’altro dalle chiome alessandrine, una coppia innamorata del ponte vecchio lato ovest. Sicché mentre intorno al tale i soccorritori s’ingegnavano a capire di chi fosse la competenza del suo gesto, se del manicomio, se della legge, se dell’ovile domestico, cui sfuggire forse era d’uopo, nel vociare confuso, tra gli ingegnosi sarcasmi che dal resto del mondo distinguono die Florentìner, ecco che da dove lo avevano lasciato a sedere il tale si levò tranquillo, col gesto d’un pugile che ammolli la salvietta all’allenatore lasciò la coperta, raggiunse il parapetto, scavalcò, si abbandonò, sparì. Questa volta ha buttato il capo sotto, mormorò l’anziano ai due ragazzetti. Nessuno vi fece caso.

ª Misericordia Firenze – https://www.misericordia.firenze.it/home/PercorsoStorico

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Curzio Malaparte – Maledetti toscani – Adelphi

Mario Monicelli – Amici miei – https://www.youtube.com/watch?v=eQ3TPRXqANE

Zenone Benini –  La cucina di casa mia –  ed. Tommasi

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Pasquale D'Ascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi di questa rivista  sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito

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