L’ElzeMìro – Auto sacramental y final.

Gregory Thielker hangingwall-1807x1280

                                                                                                         Gregory Thielker – Hanging wall 

Tùngtung tùngtung tùngtung tuona il martello, ùnghunghungh risuona il palcoscenico. Un solo macchinista, magro non proprio assai di più, dagli-martella inchioda montanti e traverse e cantinelle, ad accroccare…ersetzen….un non si sa di che. Lassù in soffitta, dalla graticcia, vertiginoso camminamento di travi da cui si sovrintende, come a manovre correnti e fisse d’un veliero, del palcoscenico ai tiri di macchine e di tele, lenta la polvere cala cala cala0, quasi che dopo lungo celarsi, impedirsi, trattenersi, per disposto di un’esoterica magistratura delle polveri, fosse stata appena comandata a stendersi sul tempo e sostituirlo, es ersetzen, o ripristinarne lo sfarinarsi; entra il Disessènti; il macchinista ferma il martello a mezz’asta, lo posa. Oh, ecco, sullo sfondo uno squadrone di coro scorre recando borse e buste da spesa convertite al bisogno d’un esodo. Passano a trotto spezzato i soprani, mezzi e contralti, tenori, primi e secondi, baritoni e bassi, a traverso nessuno di loro sa qual Piave mormorando….

Disessenti C’est quoi c’que vous, oh Machiniste,/machinez bien que vous soyez artiste?/Mais là il me paraît, j’admets peu importe,/que vous n’ayez d’idée, d’aucune sorte. 

Macchinista De rien monsieur le chef, c’est justement/ à ça que je machine tout en mâchant/les lendemains, Monsieur de Mes Attentes

Disessenti Ces lendemains ne sont pas plus importants/que vos présents, monsieur le machinistea…..

Vàgola along the long corridors, d’ogni teatro naturale laberìnto, a collegare l’ordinamento dei palchi, la platea, ai ridotti, agli uffici, ai camerini il Disessènti; dirige se stesso ma dove di preciso bah, accompagnato da un’Afflizione, un Lutto, una Condoglianza, un funere mersit acerbob che subito il clinico accorto, da un che di spento nel passo conoscerebbe. Il macchinista ha ripreso quel suo fabbricare echi di una versione incruenta quanto disanimata del crucifìge e oh, soave e nondimeno palpabile, uno strato, circa mm 9, di polvere ha coperto il palco in legno da tolda e lo stesso macchinista; così dal pruvulazzuc mutato in reperto pompeiano. Ora, i già pallènti lumi del palcoscenico e dei corridoi, nei palchi che rosseggiano di loro imbrunire, tutta la luce trèmula e muore, come di notte sul mare d’un barco mòrono le luci di via all’orizzonte, e solo buio resta, stelle talvolta, e tenebroso ragionar del tempo. Allora più non sarà tutta la grande costruzione del teatro; e il Disessènti; e il suo bell’abito da serad . Ersetzte.

Schermata 2017-05-09 alle 10.57.25

0 cfr. in Giovanni Pascoli,  L’orfano

a Che tradotto in toscano verrebbe a dire: D.Ocche cos’è bel macchinista/che te tu vieni affa’ l’artista?/A me mi  pare, ma ‘un  è detto,/te tu ne sappi un bischeretto. M. Ma’nfatti capo benigno/quei che macchìno in capo/l’è di’ futuro un quarche ghigno D. I’ tu futuro de’ macchinista/non fo’ pe’ dire, ‘un pare in vista  

b lat. calò in  prematura morte.  Titolo di un mesto sonetto del Carducci. 

c siciliano per polvere

d   vedi Elzemiro del  dal 2 al 23 ottobre.

e tedesco da  ersetzen ersez-t part.pass per sostituito 

BA 10

Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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