I provinciali – Jonathan Dee

Titolo: I provinciali
Autore: jonathan dee
Data di pubbl.: 2019
Casa Editrice: Fazi
Genere: Narrativa
Traduttore: Stefano Bertolussi
Pagine: 422
Prezzo: 17.00

Stati Uniti d’America. Per lungo tempo è stato, nella mia immaginazione, un luogo magico. Quasi ideale. Non so voi, ma io sono cresciuto vedendo molti film e telefilm che mi raccontavano di cittadine pulite, strade in ordine, scuole pulite e organizzate e comunità di persone sempre disposte ad aiutare i propri vicini in difficoltà, dove il volontariato è quasi uno stile di vita più che una scelta individuale. Certo, crescendo molte di queste convinzioni, sono cambiate andando di pari passo con la mia conoscenza del mondo e della realtà. Ma ancora oggi, quando mi siedo davanti al grande schermo, l’immagine di ritorno che mi viene data è ancora questa. Eppure Jonathan Dee, noto scrittore americano, non sembra essere così benevolo nei confronti di questa immagine idilliaca dipinta dal mondo televisivo.

Le tipiche cittadine americane non sembrano affatto un posto ideale come ci viene mostrato ma luoghi dove tutto può accadere e dove solo il più forte è destinato a sopravvivere. È di questo che sembra parlare il romanzo “i provinciali”. Ambientato poco tempo dopo l’attentato terroristico del 2001 che colpì il centro di New York, il libro di Dee racconta la storia di Mark Firth, di sua moglie, dei suoi fratelli e dei suoi concittadini dopo l’arrivo, nella loro piccola città di provincia, di Phil Hide multimilionario newyorkese fuggito con la famiglia dalla città dopo l’attentato. L’arrivo di una personalità importante come Hide porta a galla i vari malumori, invidie e gelosie che si annidano nella vita e nelle persone di questo piccolo paese mostrandone con spietata crudezza le contraddizioni, le falsità e le ipocrisie.

Arrivo all’ufficio postale e lo trovo pieno di gente come al solito, ma c’è un silenzio tale che sembra di essere in chiesa. La clientela è tutta in fila, e otto dei dieci sportelli sono aperti, cosa che letteralmente non è mai successa. La vigilia di Natale può capitare di vederne aperti cinque nello stesso momento, non di più. E si sentono queste conversazioni sottovoce. Di solito le uniche volte in cui due sconosciuti si rivolgono la parola alle Poste è appena prima che si scateni un litigio vero e proprio, magari con qualche spintone e, una volta su mille, una rissa come si deve, con un po’ di fortuna tra due donne. Personalmente ne ho viste un paio. Ma oggi la fila è tutto un bisbiglio, e mi rendo conto che queste persone non si conoscono nemmeno, e la campanella chiama i numeri con regolarità, 62, 63, 64, e a un tratto una delle bisbigliatrici più avanti in coda si mette a piangere, e la donna con cui stava parlando posa a terra il tubo che deve spedire e l’abbraccia. «Ma che le prende?», esclamo, evidentemente a volume troppo alto. Il vecchio davanti a me si gira e mi lancia un’occhiataccia. Poi vede che ho in mano una busta normale. «Vedo che ha poca roba da spedire», dice. «È inutile che perda la giornata in fila. Vada pure avanti». Ma cosa avevano tutti? Certo, lo sapevo. Non sono un idiota totale. Non sto dicendo che non mi rendevo conto di quali fossero i rapporti di causa ed effetto. Sto solo dicendo che c’era qualcosa che mi sembrava falso, recitato.

Già finalista del premio Pulitzer, Jonathan Dee racconta con intelligente lucidità il lato oscuro della provincia americana animato da intolleranza, invidia e ipocrisia.

L’autore all’inizio del libro, per bocca di uno dei personaggi, mette in guardia il lettore dal finto buonismo e dalla finta commozione che anima le persone in strada e che le spinge a fingere di essere animate da sentimenti caritatevoli solo per mostrare agli altri il proprio dolore e la propria intensa partecipazione. Non va meglio nella cittadina di Firth, dove la vita scorre lenta e con una calma fatale, già infettata dai primi germi della grande crisi che si abbatterà nel mondo a partire dal 2010, in cui per poter sopravvivere si fa di tutto per arrivare primi.

Un romanzo che, pur nella sua brevità, non perde mai il proprio spirito e la propria dura spietatezza facendo al lettore un duro bagno di realtà e mostrando la miseria umana nascosta dietro le luci scintillanti dei cartelloni di hollywood

una lettura interessante e particolare, da leggere con calma e attenzione per non perdere nemmeno una sfumatura dell’abilità narrativa di Dee che come ogni scrittore della scuola americana, sa come trattenere incollato al libro il proprio lettore senza annoiarlo.

Una buona scoperta che aggiunge un pizzico di novità alle nostre librerie.

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Gabriele Scandolaro

Mi chiamo Gabriele e sono un lettore. Ho iniziato a leggere quando ero molto piccolo, complice una nonna molto speciale che invece delle classiche favole riempiva le mie giornate raccontandomi i capolavori teatrali di Shakespeare e di Manzoni. Erano talmente avvincenti le sue narrazioni che, appena mi è stato possibile, ho iniziato a leggere per conto mio. Ma terminato il mio primo libro ne ho iniziato subito un altro. Poi un altro. Da allora non riesco più a smettere di leggere. Quando non leggo o studio, lavoro come Educatore e suono il violino.

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