Autore: D'Azeglio Massimo
Casa Editrice: Utet
Genere: Autobiografia
Pagine: 636
Prezzo: 14.90
E’ uscito quest’anno, centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, la riedizione dell’impresa letteraria ultima di un personaggio istrionico del tempo.
Un’impresa che nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto coprire la narrazione della sua vita fino al 1845, che però restò imprecisa in più punti e incompiuta per la sopraggiunta morte dell’autore. La narrazione sarà completata infine dall’amico giornalista e letterato Giuseppe Torelli.
Il marchese piemontese Massimo d’Azeglio è conosciuto per lo più per la sua attività e teoria politica risorgimentale ma è stato anche scrittore romanziere e pittore paesista, nonché dilettantissimo musicista.
E i Ricordi ripercorrono anche questo aspetto assolutamente non secondario che rende la personalità di Massimo e le sue aspirazioni d’artista, così come sempre si considerò innanzitutto e come ama presentarsi in vari punti delle sue memorie. Pittore contro le difficoltà del mestiere e le difficoltà economiche conseguenti la disapprovazione della sua famiglia:
Se mi pagano onde farmi battere i quarti sulla sella, dicevo io, oh! perchè non mi avranno a pagare per farmi dipingere un quadrò? Se non è vergogna il comprare, come sarà vergogna il vendere? Un atto compiuto concordemente da due può egli essere vergognoso per l’uno ed onorato per l’altro? Questi erano i miei argomenti, ed ora sono all’incirca passati nel criterio comune. Ma allora v’era un certo merito a trovarli, ed accettarne le conseguenze.
La rievocazione inzia con i commoventi ritratti degli esemplari genitori, per poi approdare ai racconti delle esperienze di cavaliere, soldato e politico, pittore e romanziere.
Il cittadino e artista italiano si è formato a più riprese imprescindibilmente nell’amatissima Roma e nel Lazio a fianco di cardinali, diplomatici e artisti come Canova e Thorwaldsen ma anche don Ciccio de Capo e Martin Verstappen. Ci sono pure umanità meno forgiate, e consiglio le vicende attorno al paese di Marino e del sor Checco Tozzi presso il quale Massimo aveva alloggiato, e precedentemente pubblicate da D’Azeglio a parte e poi riadattate per i Ricordi.
Numerosissime sono le digressioni dell’autore, spesso moraleggianti, perchè è intenzione sincera e perenne quella di rinforzare i caratteri dei nuovi italiani, ‘razza‘ certo non virtuosa come quella inglese…
Non lasciatevi intimorire dai grandi nomi e dai grandi impegni patriottici e non: la lettura di questo librone è un pezzo di storia scorrevole, perchè lo stile è nuovo e colloquiale:
Io credo che per scrivere bene, bisogna in ogni caso scrivere come si parlerebbe ad una compagnia amica, ben educata, composta d’uomini rispettabili e di donne oneste (…) Se in Italia si adottasse questa regola; se una quantità di scrittori non si credessero obbligati di cambiar lingua quando hanno la penna in mano; se invece (mi sia permessa l’ardita immagine) se la mettessero in bocca, non sarebbe la lettura de’ libri che si scrivono questa fatica improba, per non dire quell’impossibilità d’andar innanzi, che, purtroppo, è per noi e più forestieri.