Guerra e pace – Lev Tolstoj

Recensione di Franco Di Leo 

E’ un fatto universalmente noto non solo che “uno scapolo provvisto di un cospicuo patrimonio non possa fare a meno di prendere moglie”, come ci ricorda Jane Austen nell’incipit di Orgoglio e pregiudizio, ma anche che le traduzioni invecchino molto più velocemente del testo originale. Parecchi anni fa a casa di mia nonna avevo trovato un’edizione in quattro volumi di Guerra e pace edita nel 1941 da Mondadori. La prima pagina, ingiallita dal tempo, non mi aveva confortato:

Eh bien, mon prince, Gênes et Lucques ne sont plus que des apanages, proprietà, de la famille Bonaparte.

Il testo proseguiva mescolando francese e italiano. Ma l’autore non era russo? I nomi dei personaggi erano stati italianizzati (Anatolio, Basilio, Ippolito) e mi sembravano ridicoli abbinati ai cognomi russi. Del resto anche in copertina l’autore era indicato come “Leone Tolstoi”. I dialoghi erano pesanti, scritti in un italiano che mi pareva polveroso e antico.

Avevo chiuso il volume e lo avevo rimesso sullo scaffale. Per qualche anno non pensai più a Guerra e pace. Nel frattempo mi ero imbattuto nel famoso aforisma di Woody Allen: “Ho fatto un corso di lettura veloce e ho letto Guerra e pace in venti minuti. Parla della Russia”. Divertente. Pensavo ai quattro volumi che nessuno aveva più aperto da anni e che nessuno avrebbe più preso in mano. Poi un giorno mi capitò di leggere un articolo di Orlando Figes dedicato ai personaggi di Tolstoj, in particolare a quelli di Guerra e pace. Restai affascinato. Mi incuriosì, tra l’altro, la scoperta che circa il due per cento del testo è scritto in francese, una mole di pagine equivalenti a quella di un romanzo corto, e che altre brevi parti sono in tedesco, in inglese e in italiano.

Bastò questo per farmi desiderare di riprendere la lettura di Guerra e pace. Non nella vecchia edizione Mondadori, che ora riposa indisturbata in un angolo remoto della mia biblioteca, ma inizialmente in una nuova traduzione, sempre edita da Mondadori nella collana Oscar, seguita da un saggio di Heinrich Böll. L’apparato critico di introduzione, cronologia, bibliografia, schede, sommario e note, curato da Igor Sibaldi, è eccellente e permette di districarsi agevolmente tra i numerosi personaggi e le loro complicate vicende, che si intrecciano con gli autentici avvenimenti storici della campagna napoleonica in Russia del 1812.

Guerra e pace, come lo stesso Tolstoj aveva chiarito, non è un romanzo. Quanto meno non lo è nel senso convenzionale del termine, ovvero di un componimento narrativo di fantasia. E’ anche questo, certo, ma nello stesso tempo è anche un saggio di storia militare, un testo di analisi politica e un trattato di filosofia nel quale l’autore espone i suoi pensieri a proposito della guerra, della famiglia e della società contemporanea.

Qualcuno ha scritto che Guerra e pace è l’unico libro che vale la pena di leggere. Forse è un’esagerazione, ma non così tanto. In realtà non parla solo della Russia, come diceva Woody Allen, ma anche della guerra e della pace, ovviamente, e poi dell’amore, dell’odio, dell’amicizia, della politica, della religione, dei nobili e dei contadini, della vita e della morte. C’è tutto, insomma, condensato (si fa per dire) in un migliaio di pagine.

Tolstoj impiegò cinque anni a scrivere Guerra e pace, dal 1865 al 1869. Inizialmente il lavoro aveva come titolo 1805, perché era centrato sugli avvenimenti storici di quell’anno. Tolstoj, che aveva seguito come giornalista la guerra di Crimea nel 1857, si documentò con grande scrupolo consultando archivi e documentazione di prima mano e visitando anche i luoghi che erano stati teatro delle varie battaglie. Le ricerche lo indussero a spostare l’azione al 1812 e a cambiare il titolo in Guerra e pace, Vojna i mir in originale, con un gioco di parole intraducibile dal momento che “mir” nell’Ottocento poteva essere scritto con due grafie diverse, una che significava “pace” e l’altra che significava “universo”. Tolstoj usava entrambe le grafie per indicare che nel suo testo si parlava della guerra e della pace, ma anche della guerra e del mondo intero.

Poco per volta, quasi senza che ce ne accorgiamo, le vicende delle famiglie Bolkònskij e Rostòv sullo sfondo della Russia devastata dalla guerra ci catturano. Arriviamo alla fine e ci sembra impossibile che sia arrivata così presto. Viene voglia di tornare subito al primo capitolo della prima parte per cominciare una nuova lettura. Se vogliamo provare un’edizione diversa da quella degli Oscar Mondadori, eviterei le versioni che traducono tutto in italiano (ce ne sono un paio), facendo perdere così la peculiarità della doppia scrittura voluta da Tolstoj, ovvero il russo come lingua base e il francese parlato dalla nobiltà.

Per chi ha familiarità con l’inglese raccomando la splendida traduzione di Richard Pevear e Larissa Volokhonsky (editore Vintage Classics), che ho scoperto lo scorso anno: è ideale per immergersi di nuovo nel capolavoro di Tolstoj con una traduzione di eccellente livello.

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