Autore: Henry Miller
Data di pubbl.: 2018
Casa Editrice: Adelphi Editore
Genere: Narrativa
Traduttore: Katia Bagnoli
Pagine: 173
Prezzo: € 18
Per molti anni Henry Miller fu lo scrittore più deprecato e detestato in America, dove i suoi libri venivano giudicati scandalosi e immorali. Soltanto dopo la pubblicazione a Parigi del Tropico del Cancro, gli americani in parte furono costretti a rivedere il loro giudizio.
Ma in realtà Miller non ha mai amato il suo Paese e nei suoi libri certo non lo nasconde.
Anche in Italia i suoi libri non furono amati. I suoi romanzi da alcuni critici furono definiti porcheria, fango, frenesia bieca.
In realtà, Henry Miller è stato un grande genio della letteratura perché con le sue opere ha rotto il vetro del conformismo letterario e spezzato i ghiaccio di ogni perbenismo bacchettone.
La sua intera opera può essere considerata come una celebrazione della sua esistenza splendida e miserabile allo stesso tempo.
«Era qualcosa – afferma Miller – che dovevo fare per preservare la mia integrità. Ripeto che era un caso di vivere e morire».
In pochi hanno veramente capito il carattere anticipatorio dell’opera di Miller. La narrativa prima di lui non aveva offerto un sincero e totale quadro della comportamento umano attraverso la vita sessuale.
Giorni tranquilli a Clichy è uno straordinario e ipnotico libro parigino in cui il grande scrittore americano si racconta con una crudeltà estrema. La sua scrittura senza alcun filtro è sempre in presa diretta e affonda le unghie nella carne viva di un vissuto che non concede scampo alla comodità.
Il romanzo provocatorio di Miller torna in libreria. Lo pubblica Adelphi in una bellissima edizione.
L’autore di Tropico del Cancro racconta il suo vagabondare in una Parigi popolata da puttane e da un’umanità che vive a margini di una città che inghiotte tutto.
Il periodo parigino per Miller è stato il più creativo. In quegli anni ha scritto i suoi libri più belli, sempre vivendo borderline.
Parigi è la città che più di ogni altra ha ispirato Henry Miller. Questo romanzo è la fedele testimonianza della sua vita e delle sue difficoltà di quel periodo, la fine degli anni Venti. Nella sonnolenta Montmartre, nei caffè e negli alberghetti di Place Clichy, Joey, il protagonista, si spinge per perdersi nella dannazione.
All’uscita del libro, nel 1956, un critico scrisse che con Giorni tranquilli a Clichy, la letteratura si era spinta in territorio nemico molto più oltre di quanto fino a quel momento avesse osato.
Nei locali di Montmartre lo scrittore consuma la sua vita. Nel Café Wepler di Place Clichy incontra femmine fatali. Nelle giornate grigie parigine si trova a camminare per il quartiere e si accorge che Montmartre è esangue, sbiadita, apatica, grigia, indifferente, viziosa, mercenaria e volgare. Ma qui ci sono piccoli bar frequentati da puttane, papponi, criminali e giocatori d’azzardo.
Henry Miller subisce il fascino insidioso di Montmartre e si trova a suo agio nel chiaroscuro e nel bagliore del neon di quei locali malfamati dove consuma la sua vita non sottraendosi mai al torbido di certe avventure sessuali.
In Giorni tranquilli a Clichy, come in tutti i suoi libri, c’è la vita che aveva fin a quel momento condotto: la lotta più nera contro la miseria e tutta la conoscenza di un modo di vivere europeo e in particolare del mondo intellettuale parigino che per primo consacrerà la sua grandezza.
Henry Miller sa cogliere con le parole tutta la gamma dei grigi di Parigi. Quando lo scrittore decise di scrivere queste pagine autobiografiche aveva sicuramente negli occhi le immagini di quel grande interprete delle notti grigie e suggestive di Parigi. Brassaï, il fotografo che con la sua arte è riuscito a immortalare quell’immensa gamma di grigi di Parigi di cui Miller parla nelle prime pagine del suo libro . Una città che ha conosciuto e vissuto andando senza fretta incontro alla notte verso i boulevard. Ed è proprio dopo essersi perso negli effetti di quel grigio che tornava a casa con l’ansia di scrivere.
Giorni tranquilli a Clichy, nella nuova edizione Adelphi, è impreziosita da alcuni scatti di Brassaï . Perché Parigi è una città prevalentemente grigia che sa donare suggestioni indimenticabili.