
Data di pubbl.: 2025
Pagine: 272
Prezzo: € 18,00
Chi è Miche, protagonista di questa accorata e introspettiva vicenda così ben narrata dall’autrice Alessandra Gondolo? Una creatura avvolta in una ragnatela di dolore e memorie sepolte, spinte con violenza nelle profondità del suo animo. Un essere umano dall’identità confusa che vorrebbe rendersi invisibile al mondo, passare come un’ombra attraverso la folla. La sua via di fuga sono i documentari sugli animali, le similitudini che crea e prova e sente con loro. Da qualche tempo, ogni mattina si sveglia prima dell’alba e corre sulla sua motoretta bordeaux all’Autogrill, seguendo la linea bianca mediana delle strade, quasi fosse l’unica certezza della sua vita, un modo di restituire ordine al caos, di rispettare quei limiti che si impone da sempre. Il lavoro all’Autogrill glielo ha trovato Jenny che vive nel suo stesso palazzo. Un’amica, stramba e affascinante quanto si vuole, ma sincera. Le ha insegnato a sorridere, a uscire dal bozzolo, ad apprezzare i colori rutilanti, i tatuaggi, a interagire con gli estranei. Perché l’Autogrill è come una grande orchestra di cui Miche ha con fatica appreso le note, dissonanti, discordanti, eppure vere: le voci di quel mondo con il quale da otto anni non vorrebbe più avere niente a che fare. C’è il camionista Toni, diventato per lei quasi un padre; Max, i suoi gratta e vinci e la triste storia della sua vita; il volgare poliziotto Ice; Nonnanna e la sua dolcezza; Pier, l’eccentrico becchino; Stef e Marco, una coppia di passaggio che commenta, giornale alla mano, una rapina avvenuta a Rione Verde: quattro ragazzi, uno colpito dalla polizia e ora in coma, un video che gira in rete su come sono andate le cose. Miche s’irrigidisce. È come se dentro di lei si fosse spalancata una porta, quella porta che aveva chiuso a doppia mandata anni prima:
“Ogni frase, ogni domanda, diretta o no, le riportano a galla memorie seppellite sotto strati di sabbia, ami invitanti, a cui i ricordi abboccano sempre, strozzati da un uncino che li perfora. Risalgono su atrofizzati, sanguinanti, mai pieni della loro bellezza, sempre feriti.” (p. 114)
Perché quel ragazzo in coma è Giacomo, il suo compagno di giochi a Rione Verde da quando avevano sette anni, il suo vicino di casa, il fratello, l’amico, l’amato, un alter ego che nel tempo, a crescere in quel quartiere dimenticato da tutti, fra rifiuti, detriti, polvere e marciume, si era trasformato in un bandolo di rabbia malsana. Perché quell’evento è, per Miche – ora di nuovo Michela – come un terribile rigurgito con il quale deve fare i conti: la sua famiglia, la madre Margherita, la sorella Lisa, il padre carcerato e poi il patrigno che abusava di lei, morti ormai entrambi. Riuscirà Michela a rimettere insieme i frantumi della propria esistenza? A fare pace con se stessa e a ricongiungersi con Giacomo?
Un libro, questo, di grande ricchezza umana. Uno scavo psicologico profondo, un’anima sezionata con un bisturi affilato. Una scrittura tagliente per una trama che non fa sconti all’orrore di certe vite.