Il genere “thriller” appassiona per le sue caratteristiche anche i lettori più difficili, perchè è molto accattivante, rapisce, e fino a quando non si conclude la lettura delle pagine non si è appagati. Il desiderio di conoscere l’evoluzione della storia è più vivo in questo tipo di libri estremamente dinamici. C’è uno scrittore tedesco che in Italia si sta affermando per l’abilità con cui riesce a trattare il thriller e ad unirlo alla psicologia, materia di cui è esperto. Questo scrittore è Wulf Dorn, autore de “Il superstite” e prima ancora del suo esordio italiano “La psichiatra”. Noi de Gli Amanti dei Libri l’abbiamo incontrato e gli abbiamo rivolto qualche domanda, leggete un po’ cosa ci ha rivelato.
Nei suoi romanzi gioca molto con la paura, descrivendola molto bene e contagiando il lettore. Come mai è così bravo a raccontare questo stato d’animo? Sembra che lei abbia vissuto questa paura in prima persona, è così?
Per me é molto importante che i lettori si immedesimino nei protagonisti. Per questo motivo cerco di impegnarmi a capire ció che i miei personaggi nelle diverse situazioni possono provare. È la stessa cosa che succede a un attore, quando cerca di allontanarsi dalla sua personalitá per avvicinarsi a quella del personaggio che interpreta. Questo risulta chiaramente piú semplice se si puó fare riferimento a esperienze personali dirette. Per questo motivo alcune mie paure personali ogni tanto rientrano nei miei racconti. Devo ammettere che sono facilmente impressionabile e pauroso. Probabilmente anche per questo motivo la “paura“ rimane sempre un tema presente. La paura é in realtá un elemento ricorrente nella nostra vita quotidiana. Temiamo per la nostra salute, per i nostri cari, per il nostro lavoro o anche per cose piú banali. A volte basta uno zaino abbandonato per caso nella metro per farci rabbrividire.
Quanto di ciò che racconta nei due romanzi finora editi in Italia è radicato nella sua esperienza personale?
La storia di fondo in ciascun romanzo é inventata, tuttavia una parte si basa sicuramente su esperienze personali che ho avuto durante il mio lavoro in case psichiatriche e di cura. Chiaramente non scrivo mai niente sui miei casi, per ovvi motivi di privacy e rispetto dei miei pazienti. Tuttavia, dopo diciotto anni di lavoro in questo settore, si impara prima o poi a capire che non c´é niente che non possa esistere. E che la psiche dell´uomo, in determinate circostanze, puó diventare terribilmente fragile.
Quali sono i punti di forza che caratterizzano i suoi romanzi? Come si spiega che siano degli autentici “casi editoriali”?
Ad essere sincero non lo so bene. Secondo me non c´é nessun “ingrediente segreto” per avere successo come scrittore. Tutti possono leggere quello che viene scritto. Posso immaginare che il successo dei miei libri derivi dalle vicende dei protagonisti. Le loro storie mi appassionano e ai miei lettori succede lo stesso. Non mi sono messo a scrivere “per soldi“ o perché immaginavo di avere un cosí gran successo, ho incominciato a scrivere perché le storie mi hanno semplicemente entusiasmato. Dopotutto sono il mio primo lettore. Quindi, solo se una storia mi prende “davvero“, posso sperare di trasmettere lo stesso a chi mi legge. Ogni romanzo rappresenta un attimo di vita e la vita é troppo breve per far perdere tempo con storie noiose. (ride)
Una curiosità. Per un autore uomo è più facile confrontarsi con un protagonista uomo o una protagonista donna?
Beh dipende. Ne “La Psichiatra” mi era chiaro fin dall’inizio che era una donna che aveva il ruolo principale e doveva essere al centro di tutto. Solo in questo modo la storia poteva funzionare. Per questo motivo ho cercato di immedesimarmi nel ruolo di Ellen. All’inizio avevo un po´di timore perché non volevo entrare nel solito cliché di “come un uomo si immagina il modo di agire di una donna” e per questo chiedevo spesso a mia moglie o ad amiche come si sarebbero comportate in una determinata situazione. Poi, peró, col procedere della narrazione, Ellen Roth finí per “entrarmi dentro” e la storia si incominció a scrivere quasi da sola. Con Jan Forstner é stato evidentemente piú semplice. Ho potuto metterci del mio e sfruttare anche esperienze e ricordi diretti (ad esempio della mia infanzia). Per esempio, il cinema che Jan vede durante l´ipnosi, esiste veramente. Era il cinema in cui andavo da ragazzino, ai tempi di “Superman” con Chris Reeve o il primo episodio di “Guerre Stellari”… Oddio quanto tempo é passato! (ride) Per questo motivo sono molto affezionato al personaggio di Jan. Per me é come un buon amico, con cui andrei volentieri a bere qualcosa ogni tanto. Nonostante ció, nel mio prossimo romanzo, che uscirá qui in Germania il mese prossimo, sará di nuovo una donna ad avere il ruolo principale. Il romanzo si chiama “mein böses Herz” (trad letterale, ma non titolo ufficiale italiano dell’edizione italiana: “il mio cuore malvagio”) e racconta la vicenda di una ragazzina di sedici anni che si deve confrontare con momenti e vicende davvero terribili. Devo ammettere che riuscire a immedesimarsi con la sua personalitá non é stato assolutamente facile, ma queste sono proprio le sfide che da scrittore si devono affrontare e che io amo cosí tanto. Tra l´altro questa ragazza ha origini italiane: la madre é italiana e i nonni provengono dalla Sicilia. Era tanto che aspettavo di poter trasmettere nei miei libri un po´della passione che ho per l’Italia e questa volta finalmente ce l’ho fatta.
Beh, i suoi lettori italiani saranno di certo contenti!
Lei si è affermato come un grande narratore dell’oscuro. Come mai secondo lei le persone ne sono così attratte?
Credo che dipenda dalla vita di tutti i giorni. Veniamo “bombardati” quotidianamente da notizie di omicidi, corruzione, attentati, attacchi terroristici. Il mondo é pieno di violenza e adesso, nell´era “clou” della telecomunicazone, ci troviamo ancora piú spesso di fronte a questi fatti. La letteratura dell´oscuro in qualche modo ci dá la possibilitá di confrontarci con questo flusso di violenza, questo vale sia per i lettori che per l´autore stesso. Si potrebbe dire che ha lo stesso effetto di una “terapia di confronto”. In altre parole trattando temi come l´omicidio, la paura, il terrore a livello letterario impariamo ad assimilare meglio il significato di cose che succedono tutti i giorni intorno a noi. E se questi temi diventano troppo “forti” possiamo sempre scegliere di mettere il libro da parte, pensando che si tratti semplicemente di una storia. Ovviamente nella letteratura dell´oscuro hanno una parte fondamentale anche la “suspence” e il “brivido”! Sono proprio questi aspetti che rendono un´opera di questo genere affascinante.
Un autore che ha così tanto successo con il suo primo romanzo, come nel suo caso, non ha paura di deludere il lettore con il suo secondo lavoro?
Da quando sono diventato scrittore a tempo pieno, ho imparato che nessun libro sará mai come il primo. Dopo lo straordianrio e inaspettato successo de “La Psichiatra” sono rimasto “bloccato” per un po´di tempo. Ho ricevuto moltissimi messaggi da parte di lettori, non solo tedeschi, ma anche italiani, spagnoli, olandesi e a tutti era piaciuta moltissimo la mia storia. All’inizio non ero cosí contento di questo perché giá mi immaginavo che le loro aspettative per il romanzo sucessivo sarebbero state molto alte. In un certo senso iniziare a scrivere “Il superstite” ha rappresentato una delle piú grandi sfide della mia carriera letteraria; soprattutto perché non volevo scrivere una “psichiatra 2”, volevo scrivere un nuovo thriller a sé stante. Alla fine il fascino di poter creare una nuova storia ha preso il sopravvento e mi sono lasciato andare a scrivere il mio secondo romanzo.
Una nostra lettrice ci ha avanzato questa domanda: aveva già chiaro il finale quando ha scritto “La psichiatra” o si è lasciato trascinare dagli eventi?
Sí, avevo giá in mente come sarebbe finita la storia. Creo i miei personaggi sapendo giá in anticipo come si evolveranno le loro vicende. In questo modo mi sento piú sicuro quando scrivo, altrimenti rischio di finire in un vicolo cieco. Questo peró funziona solamente se io conosco fin dall’inizio i miei personaggi. Per questo motivo per ciascuno di essi ho sempre ben presente un’ immagine e gli elementi essenziali che caratterizzano la loro storia passata, quasi fosse un curriculum, e quindi la loro personalità. Di tanto in tanto peró capita che qualche personaggio mi bussi al monitor del computer e mi faccia notare che lui non avrebbe mai agito in un certo modo – come io invece vorrei. Questi sono i momenti piú interessanti per me come autore. No, non sono pazzo, é che ogni tanto mi metto a parlare coi miei personaggi e cerco di vedere insieme a loro come andrá avanti la storia. E di solito la soluzione migliore é sempre attenersi alla regola piú importante per un thriller: il lettore non deve annoiarsi. (ride)
Grazie di cuore a Gli Amanti dei Libri per le vostre interessanti domande! Mi fa davvero molto piacere sapere che ho cosí tanti lettori in Italia. Per questo motivo un “GRAZIE” di cuore a tutti voi per le numerosissime email, i tanti commenti su facebook e per le vostre recensioni. Siete fantastici!
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