A tu per tu con… Valentina D’Urbano

Alternando il suo lavoro di scrittrice a quello di illustratrice,Valentina D’Urbano si è già distinta nel panorama italiano come una delle penne più promettenti e interessanti. Il suo romanzo d’esordio “Il rumore dei tuoi passi” ha vinto la prima edizione del torneo letterario “Io scrittore” nel 2010 ed è successivamente stato pubblicato da Longanesi suscitando un grande riscontro di pubblico. Quest’autunno  è tornata con  “Acquanera“, un romanzo dalle tinte forti e oscure. Ecco cosa ci ha rivelato di questa sua ultima opera…

 Che cos’è per lei la scrittura?

Adesso è un lavoro, ma soprattutto è un divertimento. Mi diverto a raccontare storie, a raccontarle soprattutto a me stessa e mi piace non sapere come andranno a finire.

Roccachiara è un paese immaginario, ma trae ispirazione da qualche paese in particolare?

Sì, è il paese di origine di mia nonna. Ovviamente nella realtà non si chiama Roccachiara e non si trova nel profondo nord, ma le atmosfere cupe di certi inverni di quando ero bambina me le ricordo benissimo e ho voluto trasportarle nel libro per immedesimarmi meglio nella storia.

Le donne protagoniste del racconto sono tutte molto ben caratterizzate. Per realizzarle ha scelto qualche modello letterario di riferimento? A quale si sente più vicina e in sintonia caratterialmente?

Non mi sono ispirata a nessuno in particolare, almeno non coscientemente. Poi, sono sempre convinta che i personaggi dei libri che abbiamo letto, così come le persone che abbiamo incontrato, ci rimangano dentro e influenzino un po’ le nostre scelte e i nostri percorsi di vita, e in questo caso sicuramente qualcuno avrà influenzato il percorso di questo romanzo, ma non mi sono messa a tavolino pensando “Ho deciso che mi ispirerò a questo personaggio”. Queste donne sono uscite così, per conto loro, e credo tutte quante rappresentino una parte di me, anche se poi quella a cui sono più affezionata è Onda. 

Nel suo romanzo “Il rumore dei tuoi passi” racconta di rapporti umani tormentati dove amore e odio sono mescolati, basti pensare all’amicizia tra Luce e Fortuna. Si tratta di fil rouge voluto che lega i due romanzi?

Suppongo di sì. Ogni autore ha dei temi che gli sono cari e che trasporta in tutti i suoi libri, magari declinandoli in vari modi. Per me si tratta dell’emarginazione e dei sentimenti non univoci, come appunto è l’amicizia tra Luce e Fortuna o l’amore tra Bea e Alfredo. Secondo me i sentimenti umani non sono statici, ma si mescolano tra loro. Non credo all’amore totale o all’amicizia pura, la troppa perfezione e la staticità mi mettono ansia.

Nonostante la presenza di elementi sovrannaturali, il suo romanzo rimane fortemente realistico. Come è riuscita a bilanciare le due cose?

Stephen King dice che spesso gli autori non hanno idea di  come riescano a fare certe cose, perché nella loro testa è tutto molto confuso. Io dico che ha ragione! Scherzi a parte, ho cercato di non perdere di vista l’obiettivo e l’obiettivo era quello di raccontare una storia di solitudine e di amicizia, non una storia di streghe.

Le vicende narrate coprono un arco di tempo molto vasto. Nonostante questo, sembra che il passare degli anni non cambi la mentalità delle persone che abitano Roccachiara, e quindi certe cose sono destinate a non mutare nel corso del tempo… E’ d’accordo con questa affermazione?

D’accordissimo. Ci sono cose in continua evoluzione e ce ne sono altre che rimangono immutabili perché sono radicate nell’essere umano, hanno una provenienza ancestrale. Magari cambia il modo di comunicare e di esprimersi, ma certe cose, soprattutto alcune paure, rimangono le stesse.

Le protagoniste di questo libro sono donne molto forti, anche se in maniera diversa fra loro; possono essere considerate dei modelli a cui le lettrici possono ispirarsi in qualche maniera?

Per il coraggio e la forza che mettono nell’affrontare alcune situazioni che la vita mette loro davanti, direi di sì. Spesso anche io mi sono ispirata a loro nel cercare il coraggio per fare qualcosa. Mi sono detta: “Niente può essere peggio di quello che passano quelle povere tizie lì a Roccachiara!” Ed è come se esistessero davvero, come se non le avessi create io. La cosa non finisce mai di stupirmi.

Che messaggio vorrebbe che i lettori in generale cogliessero da Acquanera?

Che domanda impegnativa! Non credo di poter rispondere con certezza perché ognuno è libero di trovare il messaggio che vuole. Credo che in qualsiasi libro ci sia un messaggio su misura per noi, ma dobbiamo scoprirlo, non deve essere l’autore a dirci dove cercare (anche perché quello che ci indica lui non necessariamente è quello che vorremmo avere noi!). Io spero solo che chi legge Acquanera si affezioni a queste donne e alle loro storie, le capisca, le senta vive. Mi basta questo.

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