S.J. Bennet è una scrittrice inglese appassionata della monarchia britannica. Nata a Richmond, Yorkshire, nel 1966, per dieci anni ha scritto libri per bambini prima di approdare all’attuale produzione di detective stories per adulti. Ha un dottorato in Letteratura Italiana conseguito presso la Cambridge University e vive a Londra. I suoi romanzi vedono come protagonista e detective la Regina Elisabetta II. In Italia è pubblicata da Mondadori e il suo libro ‘Un problema da tre cani’ è appena uscito. L’abbiamo raggiunta per porle alcune domande sulla sua ultima fatica letteraria.
Hai affrontato un personaggio sia reale che regale. Ciò non ti ha posto qualche problema all’inizio?
Quando mi è venuta l’idea di questo libro mi sono chiesta se era consentito collocare la sovrana in un contesto di immaginazione letteraria. La regina è apparsa in The Crown ed è un personaggio di altri autori come Alan Bennett, che non è mio parente, e non si è mai lamentata. Non faccio che collocarmi in una lunga tradizione e ciò mi ha reso più sicura di me. Ci sono altri personaggi famosi protagonisti di fiction come Angela Merkel o Caravaggio e lo stesso Oscar Wilde. Ormai si è inaugurata una bella tradizione. Se inserisci in un romanzo una persona vera e viva devi farlo in maniera affettuosa e rispettosa. Per me, un’altra regola è: se un personaggio reale mi è antipatico non compare.
Da dove proviene il titolo di questo nuovo libro della serie?
Da un racconto di Sherlock Holmes, il famoso investigatore. Quando ha un problema spinoso fuma tre pipe proprio come la regina porta in giro tre cani. Ho letto tantissimi autori di gialli, ma questo particolare su Holmes l’ho trovato su di un giornale.
In questa storia compare anche un riferimento alla tua passione per i Gentileschi.
Uno dei temi di questo libro è come le donne vengono maltrattate, trascurate, ignorate anche quando sono persone famose. La regina possiede il famoso autoritratto di Artemisia Gentileschi. L’ultimo libro che ho scritto prima di questo parlava di artiste e ho dovuto informarmi su Artemisia. Mi ha incuriosito che sia caduta nell’oblio, come molte altre. Volevo recuperare queste artiste e riportarle nel filone della storia dell’arte. Spesso, la sua storia si riduce allo stupro subìto, mentre a me interessava come donna e come artista. Gli altri quadri che compaiono nel libro invece non esistono, li ho inventati. ..
Da quali elementi parte per ideare la trama dei suoi libri?
Il mio primo libro è ambientato nel castello dei Windsor all’epoca del novantesimo compleanno della regina e sapevo che il secondo l’avrei ambientato a Buckingham Palace e che la ferita che provocava la morte della vittima sarebbe stato un frammento di vetro nella caviglia. Poi mi sono documentata sul 2016 per scoprire che è stato un anno tremendo con la morte di David Bowie e Prince, il confronto sulla Brexit, la sconfitta di Hillary Clinton. Se l’atmosfera del libri appare tesa è perché è stato un anno fosco, tormentato .
La regina d’Inghilterra è una delle donne più fotografate del mondo, che relazione ha con questa figura, che fa parte della nostra vita da sempre?
La regina ha questo aspetto molto pubblico, ma in realtà è misterioso ciò che lei pensa, perché non rilascia interviste e non si sa cosa fa quando non è sotto i riflettori. E’ diversa, è una celebrità che ha una sua privacy e riservatezza. Il rapporto che ho con lei è di affetto e sono convinta che quando ci lascerà sentiremo molto la sua mancanza. Voglio tramandare cosa abbia significato avere avuto lei come leader, universalmente amata e stimata. Al tempo stesso non voglio far pensare che la regina sia perfetta. Se volessi fare un libro sugli scivoloni avrei molto materiale, per esempio credo non abbia la mano felice nei rapporti con la famiglia. Ho solo cercato di inserirmi in una tradizione della narrativa gialla aurea, alla Agatha Christie.
Quali caratteristiche positive possiamo noi donne carpire da lei ?
Penso che se interrogate su questo punto sia lei che sua figlia, la principessa Anna, direbbero che tutto quello che hanno fatto è stato possibile perché sono state trattate come uomini ad honorem. E’ comunque una donna avanti con gli anni e viene ogni tanto scavalcata e trascurata, anche se ovviamente a corte tutti la prendono sul serio. E’ interessante vedere come si è rapportata con gli uomini: ha imparato a lavorare di fascino, ha imparato la diplomazia, a tenere a freno la lingua. Poi ha uno straordinario senso dell’umorismo.
Poteva fare tanti libri sulla regina. Perché farla diventare proprio investigatrice?
Avevo iniziato a scrivere un giallo, ma al centro non c’era la regina Elisabetta e non mi stava venendo per niente bene. Poi ho visto un episodio di The Crown dove la regina prende da un plastico un soldatino e dopo lo rimette nel posto sbagliato. In realtà, una cosa del genere era impossibile perché la regina è una grande esperta di campi di battaglia, nota cose che ad altri sfuggono. Così ho voluto mettere in evidenza questa sua qualità. Inoltre, chi meglio di lei conosce Buckingham Palace, un’ambientazione favolosa e unica per un romanzo?
Si è inserita nel genere del cosy crime, che unisce alla passione per il delitto molta leggerezza e ironia. Come mai questa scelta?
Mi è venuto abbastanza spontaneo perché per tendenza propendo per il genere comico e i miei libri stanno lì a dimostrarlo. Ho provato a scrivere testi più seri e ponderosi, ma non ci riesco, non è proprio la mia vena. Mi è sempre piaciuto leggere testi comici. Ho voglia di offrire ai lettori delle storie che alleggeriscano l’atmosfera in questi tempi difficili. Infatti, la violenza è limitata rispetto agli altri filoni del giallo. Ogni scrittore sa quanto sia difficile trovare la voce dei personaggi e in questo caso mi ha aiutato molto il principe di Edimburgo, un uomo davvero molto ironico. Oltretutto, in questi ultimi anni è diventata una moda nazionale e a me piace farne parte