A tu per tu con…Sara Rattaro

Un breve ma intenso incontro al Salone del Libro di Torino con la scrittrice Sara Rattaro, autrice dell’emozionante e commovente romanzo Non volare via, edito da Garzanti.

Il tradimento va sempre confessato? Secondo lei l’uomo è per natura poligamo e la sua monogamia è solo imposta dalla società e dalla legge?

La risposta non è mai una sola, dunque dipende! Come scrittrice non voglio mai dare giudizi e mi piace considerarmi neutra, sia nei confronti dei miei personaggi, sia dei lettori. Lascio a questi ultimi l’amaro compito di trarre conclusioni e condannare i “cattivi”. Come donna, invece, credo che il tradimento mostri solo la vera identità di una vita che non credevi di vivere. Smuove la terra sotto i piedi, provoca dolore e non è sempre facile da sopportare; in fondo però aiuta, poiché mostra la realtà delle cose. Sono cresciuta con una morale cattolica di vita e di famiglia e vent’ anni fa non avrei mai pensato di vivere la vita che sto vivendo ora, ma in questo momento non tornerei mai indietro.

Secondo la psicologia in una coppia con un figlio con un handicap, l’uomo accetta meno facilmente la situazione, perché lo vede come un suo errore e per questo tende ad andarsene per primo. Lei è d’accordo con questa affermazione?

Sono d’accordo, ma credo che non ci sia bisogno di avere un handicap o una malattia affinché ciò avvenga. Una mamma è per natura legata ai suoi figli più del marito. Nella società italiana vive costantemente in un contesto di rinunce: penso alla carriera, al tempo libero, alla cura della propria persona. In una realtà in cui le coppie divorziate con figli sono in continuo aumento, non è un caso che la domanda più frequente che un figlio pone a suo padre sia: “Papà, dov’è la mamma?”.

Non pensa che aver caricato di così tante responsabilità Alice, sorella di Matteo, sia più di tutto un errore dei genitori, che un pregio dell’adolescente?

Non credo proprio sia un errore dei genitori! Non si può programmare tutto, tantomeno non si può programmare di essere buoni genitori o buoni figli. Credo sia una questione di fortuna e la vita vada presa per quella che è, senza troppe pretese. Per fortuna la famiglia di cui parlo ha una figlia come Alice, posata, studiosa e senza grandi problemi adolescenziali. I genitori ovviamente si concentrano sul problema del figlio minore, ma sono sicura che avrebbero intensificato le forze se avessero avuto due figli problematici, dando il loro meglio.

Dall’intervista riportata in chiusura del romanzo Non volare via afferma di star già lavorando ad un nuovo libro su un altro tema di cui si parla poco. E’ questo secondo lei il segreto per raggiungere il cuore delle persone?

Il segreto per raggiungere il cuore delle persone è quello di parlare e scrivere con il cuore, esprimendo i sentimenti senza barriere. Molto spesso, quando scrivo, devo interrompermi perché ho gli occhi pieni di lacrime, che non mi permettono di vedere i tasti del PC. Seppure siamo tutti diversi, con le nostre esperienze e i nostri filtri percettivi, abbiamo tutti un cuore, che nel bene o nel male funziona allo stesso modo.

Lei è una persona che affronta le sfide. Lo dimostra scrivendo un romanzo in chiave maschile. Ha mai pensato di poter cambiare genere letterale?

Questa sarebbe una super-sfida, perché io scrivo di emozioni, ma con le emozioni. Non mi considero brava a scrivere e dunque se iniziassi a scrivere un fantasy non saprei da che parte cominciare, perché per ora questo argomento non mi suscita emozioni tali da scrivere un romanzo. Però nella vita mai dire mai.

Con questa intervista ha la possibilità di dare un messaggio ai suoi lettori: cosa vorrebbe dire loro?

Un solo e semplice messaggio: per essere straordinari non bisogna per forza nascere perfetti. Nessuno è solo buono o solo cattivo. Si cresce, si cambia o più semplicemente si vive.

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