Al Salone del Libro abbiamo avuto il piacere di chiacchierare un po’ con un grande scrittore della letteratura per ragazzi, Giuseppe Festa. Al Salone per presentare, e per raccontarci, del suo ultimo lavoro La Luna è dei lupi, edito da Salani, dove il rapporto tra uomo e natura viene raccontato da un punto di vista nuovo, quello dei lupi.
Hai esordito con Salani con un libro per la collana “Il castello della paura”, come mai non hai continuato su quello stile un po’ horror?
Diciamo che questa è stata un po’ una sfida per me, e devo ammettere che mi sono molto divertito a sperimentare un genere che non mi appartiene e con una lunghezza che non è la mia, io preferisco avere un po’ più di spazio nella narrazione. Ovviamente la natura è entrata anche qui nella sua veste un po’ più spaventosa, non escludo l’eventualità futura di una collana tutta mia..chissà.
Perché hai deciso di dedicarti proprio alla narrativa per ragazzi piuttosto che avvicinarti a un pubblico adulto?
È molto semplice, perché non è stata una scelta! Il mio modo di scrivere si adatta meglio a questo genere di pubblico, anche se credo che tutti i miei romanzi in particolare quest’ultimo possano considerarsi romanzi trasversali. Però ho scoperto che scrivere per i ragazzi è un onore incredibile, perché gli adulti leggono un libro, i ragazzi lo vivono a pieno.
E come dovrebbero essere vissuti i tuoi libri secondo te dal tuo giovane pubblico?
Io spero sempre che venga voglia ai ragazzi di prendere lo zaino ed andare, tra l’altro una delle più belle soddisfazioni mi è arrivata pochi giorni fa quando una classe di Bologna mi ha mandato una fotografia che ha letto “Il passaggio dell’Orso” e sono andati in gita al parco d’Abruzzo, il luogo in cui è ambientata la storia. So che negli anni molte classi sono andate, ma questa foto mi ha riempito il cuore perché si vedono i ragazzi davanti al casone Antonucci con Claudio Manco, responsabile di quando io ho fatto il volontario, Peppe Di Nunzio, un vecchio guardaparco a cui è ispirato il personaggio del libro, mentre leggono il diario scritto da me più di vent’anni fa. Per cui scrivere non è solo creare un mondo, ma dare la voglia ai ragazzi di farne parte, ed uscire da quella virtualità in cui sono immersi tutti i giorni.
Un elemento centrale di tutti i tuoi lavori è la natura, che ha giocato un ruolo fondamentale nella tua vita essendo nato e cresciuto a Milano. Questo quanto ha influenzato i temi che tratti nei tuoi romanzi?
Io sono nato e cresciuto a Milano ma ho avuto la fortuna di avere dei nonni in campagna, che ha accentuato ancora di più il desiderio di allontanarmi dalla città. Vivere anche questa realtà ha fomentato ancora di più la mia passione per i boschi, il lago e la natura in generale, proprio perché non faceva parte della mia quotidianità.
Pensi di riuscire, con il tuo lavoro e la tua passione, a infondere nel giovane pubblico il rispetto e l’amore per la natura e di farlo durare negli anni?
Me lo auguro davvero, giro ancora per le scuole a parlare de “Il passaggio dell’Orso” e so di molti ragazzi che poi sono partiti per fare i volontari al parco d’Abruzzo. Mi scrivono moltissimi in merito, tanti soprattutto alla fine dei venti giorni di volontariato dove mi ringraziano per tutto, e ogni volta riscopro il vero motivo che mi spinge a scrive e a raccontare queste storie.
Il tuo ultimo romanzo, “La luna è dei lupi”, parla della condizione umana vista dal punto di vista dei lupi. Come scrittore è stato difficile immedesimarti in questi animali e guardare dal loro punto di vista?
Allora qui c’è tanta fantasia ma anche tanta esperienza personale. In questo libro, per la prima volta, ho deciso di far parlare i lupi sia per creare un’empatia con il pubblico che per i fini della storia. Facendo ciò ho cercato di dare voce al complesso linguaggio dei lupi, un linguaggio che i ricercatori sono riusciti a decifrare solo in parte. Passare del tempo con questi ricercatori mi ha permesso di imparare cose nuove su questi animali, sul loro comportamento e sul loro modo di relazionarsi con l’uomo, questo mi ha permesso di mettermi facilmente nei loro panni. Ovviamente non pretendo di aver decodificato perfettamente il loro linguaggio, però mi hanno dato tanti spunti che mi hanno permesso di vedere il mondo degli uomini dal loro punto di vista.
E perché proprio i lupi e non degli altri animali, sei legato a quest’animale o ti rappresenta in qualche modo?
Sicuramente perché sono stato folgorato da un’esperienza che ho avuto proprio sui monti Sibillini, dove poi ho ambientato questa storia. Una notte con un ricercatore abbiamo sperimentato quello che il wolf auryn, ovvero un richiamo indotto a cui i lupi rispondono, e lo si fa per ricevere delle informazioni scientifiche. Ed è stata l’esperienza più emozionante della mia vita, ed ho avuto anche la fortuna di condividerla con mia moglie, e in quel momento ho deciso i protagonisti di questo romanzo, volevo raccontare di quest’animale che affascina e spaventa allo stesso tempo. Inoltre è un animale che somiglia molto all’uomo per certi aspetti, come l’amore per la famiglia, la difesa del territorio e l’uso della comunicazione a distanza, insomma mi sembrava davvero l’animale giusto per osservare il nostro mondo.
Qual è il messaggio che vuoi lanciare con questo libro e in cosa si differenzia dalle tue vecchie pubblicazioni?
La peculiarità di questo romanzo alla fine è un gioco di specchi, è possibile prendere il ruolo di ogni singolo attore e invertirlo per scoprire che non ci sono differenze di sorta. A un certo punto la femmina del branco, Lama, si chiede “chissà se anche gli uomini pregano”, pensando alla Luna che è la loro divinità e Rio le risponde che non è possibile perché la Luna è dei lupi, e i lupi sono della Luna. Lama però in realtà ha avuto un intuizione, ovvero che non tutti gli uomini sono cattivi. Da qui mi sono ispirato a una cosa che mi raccontò Elisa Berti, una ragazza che si occupa della salvaguardia dei lupi, curandoli e reinserendoli poi nella natura una volta guariti. Ogni volta che li lasciano andare partono in una corsa sfrenata verso il bosco ma prima di entrare si fermano, e si voltano a guardarla, e lei sempre si domanda se davvero capiscono che le devono la vita. Io ho voluto ribaltare i ruoli, entrando nella mente i lupi che si interrogano sulla cattiveria dell’uomo che per secoli li ha perseguitati.
L’uomo che ruolo gioca all’interno di questo romanzo?
Questo è un romanzo per imparare ad amare i lupi più che per criticare l’uomo e in particolare i bracconieri, ed anche se traspare quanto questi animali siano stati perseguitati dall’uomo ho voluto comunque cambiare le carte in tavola. È un libro che fa emergere tutti quegli uomini buoni che lottano per la salvaguardia di questa specie e che accettano qualcosa di diverso. In questo libro le due figure principali sono le due figure femminili: Greta, una ragazza che ha paura dei lupi che però si spinge verso di loro e vuole conoscerli proprio per esorcizzare le sue paure, e Lama la lupa che dicevamo prima. Alla fine ci sarà un incontro tra questi due personaggi così diversi, anch’esso ispirato a un avvenimento vero sempre di Elisa Berti che ha salvato un lupo dall’annegamento praticandogli la respirazione bocca a bocca, creando un rapporto tra di loro eccezionale che mi è stato molto d’ispirazione.
Quindi possiamo dire che c’è qualcosa di buono nell’uomo.
Sì, assolutamente! Anche se ci sono molti che temono quest’animale e lo vorrebbero morto ce ne sono altrettanti che gli dedicano la vita. In questo periodo questa cosa è dimostrata dalle oltre 140.000 firme raccolte dal WWF per il progetto S.O.S LUPO per evitare che si riapra la caccia a quest’animale.