A tu per tu con… Fulvia Degl’Innocenti

Titolo: Intervista a Fulvia Degl'Innocenti
Autore: Fulvia Degl'Innocenti

Giornalista nella redazione del mitico Giornalino e autrice di libri per bambini e ragazzi, Fulvia Degl’Innocenti è un vulcano di scrittura e di idee. Dagli albi illustrati ai romanzi, dai libri di divulgazione (anche sulle bolle di sapone e sul teatro di strada, tanto per dare un’idea della sua versatilità creativa) a manuali per teenagers, fino a tematiche religiose e sociali, ha visto alcune sue storie tradotte anche all’estero. Il suo “La ragazza dell’Est” ha ottenuto il Premio Arpino, il Premio Bitritto Critici in erba, il Premio Città di Biella e il Bancarellino 2011; “Sopravvissuta” è arrivato secondo al Bancarellino dell’anno successivo e finalista al Premio Il castello-Nascimbeni e al Bitritto. Dal 2004 dirige la collana di narrativa “Il parco delle storie” delle Edizioni Paoline e il suo nuovo “La libraia” è un inno alla meraviglia dei libri e della lettura.

Giornalista e scrittrice: come il modo di scrivere cambia e come quello di una professionalità influenza o meno quello dell’altra, nel suo caso?

Si tratta di due modi diversi sia di vedere la realtà che di rappresentarla con le parole. Un linguaggio più asciutto, essenziale, e uno sguardo più distaccato nel caso della scrittura giornalistica, e un maggiore coinvolgimento emotivo e una costante affabulazione nella scrittura narrativa. Ma in me queste due scritture spesso di intersecano. Sia perché i target di riferimento sono gli stessi (bambini e ragazzi), sia perché mi è capitato spesso di sviluppare in una racconto o un romanzo tematiche di cui prima mi sono occupata per un articolo.

Lei Scrive e ha scritto molti libri anche per bambini piccoli: che cosa pensa della lettura ad alta voce? Quando e perché ha un senso?

La lettura ad alta voce è una magia che ha un senso per tutta la vita. Se nei primissimi anni è un prolungamento di un abbraccio, una portatrice di emozioni e stimoli intellettivi, continua ad avere un ruolo fondamentale anche quando i bambini acquisiscono la capacità di leggere da soli. Leggere ad alta voce significa condivisione, vicinanza, passione comune. E ogni volta che in un incontro, anche con adulti, mi capita di aprire un libro e leggere un brano, ogni tipo di uditorio si azzittisce e viene con me. Anche solo per pochi minuti, nello spicchio di mondo narrato dalle parole che leggo.

Ha trattato, in testi come quello inserito nell’antologia a più voci “Chiamarlo amore non si può”, o nel suo romanzo “La ragazza dell’est”, temi scomodi, come la violenza di genere: qual è per lei l’atteggiamento giusto per uno scrittore che si rivolge soprattutto ai ragazzi per affrontare con loro questo tipo di problematiche?

Credo che la letteratura più della cronaca possa aiutare a confrontarsi con una situazione con la giusta dose di identificazione e di distacco. Entriamo in una vicenda, proviamo gli stessi sentimenti, dei protagonisti, ma in un certo senso manteniamo una sguardo esterno. Ecco che allora anche la violenza, il dolla libraiaore, possono essere avvicinati e compresi. Il calore di una storia si avvinghia al cuore del lettore, e rimane con lui per sempre, come una piccola luce per guardare meglio sia la realtà che dentro si sé. E questo senza bisogno di ricorrere a toni crudi ed espliciti, a cui anche i ragazzi più giovani sono quasi assuefatti dal linguaggio dei media.

Ma perché ha scelto una, anzi, due professioni, che hanno a che fare con la scrittura e la lettura?

È una scelta antica, che risale alle prime esperienza nei banchi di scuola con una penna e un foglio bianco davanti. Il gusto per evocare o rievocare una storia, e darle una forma attraverso le parole. Questo è quello che ho sempre voluto fare e che continuo a fare con un piacere immutato. Ogni volta che devo sviscerare un tema per una articolo o che visualizzo una nuova storia, o un progetto editoriale, è come se mi innamorassi. Certo, poi la scrittura è anche fatica, autodisciplina, riscrittura. Ma l’amore è sempre quello.

Come riesce a conciliare queste due professioni, oltre alla sua “attività” di mamma, in termini di tempo?

Solo questa grande passione unita alla tenacia con cui affronto le varie faccende della vita mi ha permesso di mantenere questi due binari paralleli, anche quando magari le situazioni familiari non sono state semplici. Ma un momento tutto mio per dedicarmi alla scrittura l’ho sempre trovato. Magari rinunciando a piccoli piaceri immediati in nome di un piacere per me grande e insostituibile che è dire a me stessa: sono una scrittrice. Una frase che, quando la pronuncio, mi stupisce ancora, dopo quasi 60 titoli pubblicati. Perché i sogni dei bambini, e questo per me lo era, continuano a essere rivestiti di luce per tutta la vita.

Che consiglio può dare a chi, giovane o meno giovane, vuole avvicinarsi alla scrittura in modo serio?

Credo che l’aggettivo “serio” sia fondamentale. In esso ci leggo in trasparenza la facilità di scrittura, il confronto con modelli letterari diversificati (ovvero leggere, tanto, grandi autori ma anche letteratura di genere) , l’umiltà di chi cerca un riscontro oggettivo (facciamo leggere ciò che scriviamo), coltivare un’idea forte e saperla sviluppare, non avere la pretesa che la nostra vita sia necessariamente interessante per gli altri (troppi aspiranti scrittori di autobiografie). E poi conoscere bene il mercato editoriale, ed essere assidui frequentatori di librerie e biblioteche.

Prendete racconti per bambini e ragazzi, unitevi romanzi gialli, shakerate ed ecco che salto fuori io: letteratura per ragazzi e thriller sono passioni che mi accompagnano da sempre, insieme comunque alla condivisione del decalogo di Daniel Pennac con i suoi dieci imprescrittibili diritti del lettore. Che prevedono anche quello di “leggere qualsiasi cosa”, pur avendo una spiccata passione per quanto enunciato in apertura di presentazione. Pensando in ogni caso che nelle pagine, non sempre, ma in molti, moltissimi casi, uno scrittore ci sta donando qualcosa di profondamente suo: non per forza un ricordo, ma anche solo un modo di esprimersi, un ritmo narrativo, e ogni volta una creazione. E dunque una forza che va almeno conosciuta. Se poi questa forza avvolge fin da piccoli e aiuta a diventare lettori, oppure dissemina le pagine di indizi che trascinano chi legge in un’inchiesta al cardiopalma… allora conoscerla mi piace ancora di più.

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