Parla d’amore con naturalezza e forza allo stesso tempo, raccontando la quotidianità di una donna che riesce a far ripartire la propria vita dopo un momento di buio: Cristiana Dalla Zonca, giornalista che opera nel campo della comunicazione finanziaria e che ha seguito l’ufficio stampa di tre edizioni delle Olimpiadi, nel suo romanzo Amore chiama amore risponde edito da Giunti racconta una famiglia e i valori in cui lei stessa crede, la possibilità di cambiare direzione per ritrovare se stessi e la capacità di recuperare le relazioni.
La protagonista del tuo romanzo, la 38enne Vittoria, riesce a ricostruire la propria vita e a renderla più autentica grazie alla perdita della memoria che le fa riscoprire ambienti e persone che le ruotano attorno. Che tipo di messaggio vuoi lanciare ai lettori?
La perdita di memoria della protagonista è un espediente narrativo utile per dimostrare come, attraverso un trauma, si crei l’occasione di rivisitare e fare un bilancio sulla propria vita. Grazie a questo Vittoria potrà guardare chi le sta intorno con occhi nuovi, riprendere in mano la propria storia e capire quanto del suo passato vada conservato e cosa invece possa essere oggetto di un profondo rinnovamento. Sarebbe bello che questo potesse accadere anche in situazioni non traumatiche o dolorose, ma purtroppo spesso serve una spinta forte per risvegliarci dall’apatia in cui il quotidiano rischia di farci precipitare. Vorrei che da questo i lettori traessero forza e speranza per capire che in ogni momento è possibile cambiare strada.
Dal libro emerge il ritratto di una famiglia che resta unita nonostante le difficoltà, nonostante la paura di non riconoscersi in ciò che si era e le incognite del futuro. Questo quadro non è un po’ in controtendenza con quanto spesso si sente dalla cronaca?
È assolutamente in controtendenza. Ormai si tende a “mollare” alle prime difficoltà, perché impegnarsi e salvare una famiglia, un matrimonio, una coppia, costa grandissimi sacrifici, soprattutto dal lato emotivo. Credo però che a volte ci si debba fermare, volgere le spalle alla finestra e rivolgersi all’interno della propria vita cercando di capire dove il meccanismo si è inceppato e se sia possibile ritrovare in chi ci sta accanto, quella persona che anni fa avevamo scelto, con tutti i perché, i pregi e i difetti che ha, le motivazioni che ci avevano fatto decidere di percorrere insieme a lei la nostra strada. Spesso per rimettere dritta la barra basta aggiustare un po’ la rotta, stringendo forte il timone senza abbandonare la nave, solo che durante la tempesta non riusciamo a vedere l’orizzonte.
Vittoria è donna, moglie di Mario e madre di tre ragazzi: questi tre aspetti risaltano nella narrazione grazie soprattutto al lavoro di introspezione della voce narrante. Come hai fatto a farli correre parallelamente e come è avvenuta la stesura del libro?
In modo molto spontaneo perché io sono moglie e madre e, come tutte le donne nella mia condizione sanno, sono rapporti diversi che corrono in modo assolutamente parallelo. La stesura stessa del libro, che vede dei punti di tensione narrativa giocati proprio su questi rapporti, ricalca, anche nella scelta del linguaggio, la vita reale.
L’amore è l’ingrediente fondamentale del tuo romanzo, evocato – in modo ambivalente – anche dal titolo. Talvolta appare come una parola troppo abusata, altre volte come una da riscoprire. Come si può riconoscere e vivere nella quotidianità?
Amore è una parola abusata ma al tempo stesso rara. Il titolo si richiama al fatto che in ogni relazione umana, quando uno dei membri è in difficoltà, chiama con la forza dell’amore chiedendo aiuto. Se dall’altra parte l’amore c’è, questo risponde e le cose in un modo o nell’altro si sistemano, ma se manca, allora la relazione stessa si svuota di significato e non ha più senso un percorso condiviso. Nel caso della protagonista, quando Vittoria chiama, chi le sta accanto e la ama, risponde.
Durante la scrittura quali domande ti hanno colto e quale è il punto della storia che senti più forte e vicino a te?
Volevo riuscire a interpretare i bisogni di tutte le donne, non solo i miei, ma cogliere l’incertezza che tante volte ci accompagna e il profondo lavoro di introspezione che facciamo. Diverse volte mi sono fermata a riflettere se stessi veramente riuscendo in questo arduo compito. La parte di storia che sento più forte e più mia è questo senso di appartenenza, alla casa, i figli, il marito che in realtà è molto radicato nella protagonista e che, nonostante le forti raffiche di vento che sconvolgono la sua vita, non l’abbandona mai.
Cosa auguri ai lettori di Gli Amanti dei Libri?
Di leggere, leggere e ancora leggere. È la cosa più bella del mondo.