Autore: Musumeci Carmelo
Data di pubbl.: 2011
Casa Editrice: Gabrielli
Pagine: 64
Prezzo: 14
“Uno strano fantasma che non riesce a morire
nulla per cui sperare, nulla per cui vivere
un passato che non passa, un presente che dura per sempre”. (Morire tutti i giorni) 99 POSSE
Aprendo il libro ci si trova tra le mani un CD dei 99 Posse con inciso il singolo “Morire tutti i giorni” il cui testo è stato scritto da Carmelo Musumeci l’autore di questo racconto.
Musumeci si è fatto conoscere come scrittore nel 2010 con l’uscita de “Gli Uomini Ombra”. E’ così che definisce i carcerati, come lui, condannati all’ergastolo ostativo. La Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi, ha fatto propria la battaglia per l’abolizione del “FINE PENA MAI” perché è proprio in questo che consiste la condanna di Musumeci. Spiegano Nadia Bizzotto e Giuseppe Angelini, operatori della Comunità, nella postfazione al libro:
“L’ergastolo ostativo è stare in carcere per tutta la vita, è una pena che viene data a chi ha fatto parte di un’associazione a delinquere e che ha partecipato a vario titolo a un omicidio, dall’esecutore materiale all’ultimo favoreggiatore. Ostativo vuol dire che è negato ogni beneficio penitenziario: permessi premio, semilibertà, liberazione condizionale, a meno che non si collabori con la giustizia per l’arresto di altre persone”.
E’ chiaro, sottolineano i due operatori, che parlare di “pentiti” è fuorviante. La collaborazione è una scelta processuale, il pentimento una questione interiore. Musumeci non è un collaboratore, ma è un pentito.
Classe 1955, catanese, quando entra in carcere ha solo la licenza elementare. All’Asinara in regime di 41 bis riprende a studiare, fino ad arrivare, l’11 maggio 2011, alla laurea specialistica in Diritto Penitenziario, dopo aver ottenuto, qualche anno prima, quella in giurisprudenza.
Al momento della laurea era recluso al carcere di Spoleto- dove si trova tutt’oggi- ed è proprio da qui che parte il suo racconto. Musumeci ha ottenuto in occasione dell’ambito traguardo di studi un cosiddetto “permesso di necessità” concesso per eventi gravi, unici o irripetibili. E grazie a questo permesso è potuto uscire dall’ Assassino dei Sogni, così chiama il carcere nei suoi libri, e trascorrere undici ore da uomo libero comprensive di : discussione tesi, fotografie, festa con familiari e amici presso un casa messa a disposizione dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e due interviste- una a Famiglia Cristiana, l’altra a Rai 3- .
Musumeci senza particolari architetture stilistiche, ma in modo semplice e diretto, ci racconta l’emozione di quelle undici ore. E’ quasi un monologo interiore, escluso qualche accenno di dialogo, scritto come un “parlato” che a tratti sembra un rap. E procede tra sbocchi emotivi, riflessioni che pungono come aghi e inaspettati varchi di ironia:
“Bravo papà… hai preso più di quanto ha preso Federico alla laurea” (Federico, fidanzato della figlia, ndr)
“Avere preso un voto migliore del suo fidanzato mi rende felice”.
Ma poi quando in mezzo a tutto quel meraviglioso caos si ferma a pensare a come è stata la sua vita e a come sarà, fa precipitare il lettore in un senso di smarrimento:
“Sei solo un’ombra attaccata alla vita delle persone che hai fuori…”.
Forse
“La giustizia dovrebbe essere al di sopra delle legge”.
Forse Musumeci, paradossalmente, ha capito il segreto della vita. Un uomo che non vede il mondo a colori da 20 anni e che ha solo undici ore di tempo per riportarsi nel buio un pezzo di arcobaleno, sa quale sia il supremo valore dell’istante. E’ un uomo che vive e sente al massimo, perché per lui è sempre l’ultima volta. E’ un uomo che è completamente “dentro” le cose anche quando ci racconta com’è il fuori.
Molto intensa la prefazione della scrittrice Barbara Alberti che così sintetizza il lavoro di Musumeci e che mi sento di condividere:
“Ha l’arte di far diventare personaggi i cancelli, i giornali, i muri, la notte. Di trasformare in una persona reale il carcere, che si chiama l’Assassino dei Sogni, e gli parla, lo tenta, lo deride…”.
Infondo, come disse Don Oreste Benzi: “Quando un uomo ha capito i propri sbagli, ogni giorno di galera in più, è un giorno sprecato per il bene dell’umanità”.