Autore: Andy Weir
Data di pubbl.: 2015
Casa Editrice: Newton Compton edizioni
Genere: Fantascienza
Traduttore: Tullio Dobner
Pagine: 380
Prezzo: 9,00
“L’amministrazione spaziale nazionale cinese ha abbandonato un progetto al quale lavorarava da anni solo per mettermi a disposizione un booster. Il costo della mia sopravvivenza dev’essere nell’ordine delle centinaia di migliaia di dollari. Tutto per salvare un botanico un po’ tonto. Ma perché darsi tanta briga? ” (p. 378)
Durante la missione Area-3 sul pianeta Marte, Mark Watney insieme ad altri membri dell’equipaggio resta vittima di una fortissima tempesta di sabbia e detriti. Il forte vento stacca un pezzo di antenna che si conficca prima nel computer della sua tuta spaziale e poi nelle sua pancia. Credendolo morto e non trovando il corpo, su ordine del comandante, i suoi compagni fanno ritorno verso la Terra, partendo in tutta fretta per evitare che la tempesta danneggi in modo permanente la navicella spaziale. Dopo qualche ora, a tempesta finita, Mark si rende conto non solo di essere sopravvissuto, ma di essere completamente solo, su un pianeta deserto e con le poche risorse che la NASA aveva dato all’equipaggio per portare a termine la missione.
Il prossimo lancio della NASA arriverà su Marte alla fine dei successivi 4 anni, atterrando a 3000 km dal punto in cui si trova Mark. Come sopravvivere dunque? Come comunicare con la Terra? Mark, proprio come Robinson Crusoe, si ritroverà a dover dare fondo a tutte le sue conoscenze di ingegneria, botanica e buon senso per risolvere problemi piccoli e grandi, come il generare acqua, come coltivare patate, come scaldarsi, con il solo obiettivo di sopravvivere, per non morire solo sul pianeta rosso.
“E’ stata una notte strana. La logica mi diceva che in una sola notte non poteva succedere niente di brutto, ma é stato un po’ inquietante sapere di non avere altro supporto vitale se non i radiatori per il riscaldamento” (p. 284)
Il romanzo è fortemente avvincente, ma anche molto tecnico: il protagonista fa calcoli di continuo su qualunque cosa, procede per tentativi ed errori e sfida molto spesso Marte e la morte. Ho avuto la fortuna anche di vedere il film subito dopo aver letto il libro. Il finale e qualche elemento sono differenti, ma entrambi hanno un importante denominatore comune: il protagonista non ha mai (e dico mai) un momento di sconforto, di perdizione e di rinuncia, anzi quasi sbeffeggia Marte, dichiarando “Io non morirò qui”. Questa cosa mi ha lasciato fortemente disorientato perchè mi aspettavo che prima o poi il crollo arrivasse. Ecco perchè il rischio del film di Ridley Scott di essere considerato “la solita americanata” è molto alto.