Ascoltare Roberto Saviano, poter sentire le sue parole che sono sempre un richiamo, un monito, una riflessione profonda è qualcosa per cui moltissime persone, in questo caso i visitatori del Salone di Torino sono disposti a sopportare lunghe file e fatica. Oggi alle 12 c’era un’attesa come sempre spasmodica: il desiderio di entrare nell’auditorium non è solo per dire “ci sono”, almeno di certo non lo è per la maggioranza delle persone. Si tratta di un bisogno più profondo di ricevere significati, di avvicinarsi alla lotta di un uomo che con le sue parole, con il suo narrare, ha saputo e sa descrivere la crudezza dei fenomeni ma anche la necessità della ribellione. Saviano parte dal racconto che farà da base alla trasmissione con Fabio Fazio dal titolo “Quello che non ho”, che partirà domani su La7 per tre serate consecutive. Come sempre la storia è di quelle che ci costringe a riflettere: la terribile tragedia dei bambini di Beslan, avvenuta ad opera dei terroristi ceceni nel 2004. Durante le prove del programma tutti, mentre ascoltavano i particolari della strage di questi bambini barbaramente uccisi, non riuscivano più ad ascoltare e hanno chiesto di fermarsi. C’è quindi in questo caso la tentazione di lasciare spazio alle parole indicibili, alle parole mute, al silenzio. Dice Saviano “ho fermato tutto e siamo stati indecisi se fare questo racconto perché è terribile, narra di bambini sottoposti a tremende sofferenze e poi uccisi.. Quando leggi puoi fare delle pause, avere delle mediazioni. Quando ascolti no. Ho sentito però l’urgenza delle madri di raccontare e mi sono accorto che volevano che qui più che altrove si raccontasse, in un paese che per anni ha avuto accordi politici con la Russia.” Continua poi parlando della scelta e del valore della parola: “In questi anni ho cercato di addestrare la mia parola a creare empatia. Sui fatti criminali se non crei empatia ne esci sconfitto: hai creato cronaca che è utile ma distante e non porta chi legge a credere che quella storia è la sua storia e questo è la forza della letteratura. “
A questo punto la discussione si è spostata sul ruolo della televisione pubblica, che spesso non dà spazio a trasmissioni che veicolano questi contenuti. Paolo Ruffini di La7 evidenzia comunque che bisogna recuperare il senso di ciò che è pubblico e che anche una realtà privata e più piccola come la sua può raccontare ciò che è utile e interessante per gli ascoltatori.
Fabio Fazio insiste invece sul ruolo degli intellettuali: essi non devono intervenire solo per promozioni, ma come faranno nel nuovo programma portare all’attenzione del grande pubblico i loro pensieri, le loro riflessioni e per questo fa un appello anche alla case editrici.
Il discorso finale di Saviano è diretto ai nuovi mezzi di comunicazione: “il mondo mediatico rende impossibile la censura, ma in realtà tutto si confonde perché è velocissimo. La reazione del potere scatta quando si fa fermare questo meccanismo, come è avvenuto nel mio caso e con tante altre persone nel mondo”. Gli spazi televisivi sono dunque fondamentali, come ogni figura intermedia: l’autore che decide di trattare il tema, l’editore che lo pubblica, l’editor che lo difende fino ad arrivare al pubblico.
E qui parte un’esortazione ad ascoltatori e lettori che non può essere dimenticata: “bisogna difendere questi contenuti se si è in empatia con essi, perché è un attimo considerare tutto come secondario. Questo genere di televisione non può essere lasciata sola: difendete ciò che vi piace perché è quanto di più necessario possa esistere”